Il giorno dopo la relativa vittoria del liberale Mark Rutte - che in base a numeri aggiornati avrà 33 seggi su 150 invece dei 41 ottenuti cinque anni fa - le elezioni olandesi danno la stura a due filoni di conseguenze: in Olanda la complicata procedura per la formazione di un governo di coalizione, sul piano internazionale un fiume di reazioni ai risultati tra le quali spiccano per invadenza e aggressività quelle turche.
Rutte ha ammesso che le trattative per mettere assieme il nuovo esecutivo (già cominciate a tamburo battente) «saranno piuttosto complesse» e che «potranno essere necessarie alcune settimane di discussioni». Inevitabile, considerata l'estrema frammentazione del nuovo Parlamento: la maggioranza è fissata a 76 seggi, e il tripartito che Rutte conta di comporre con i cristiano-democratici (19 seggi) e i liberali di centrosinistra di «D66» (altri 19) si fermerebbe a 71. Apparentemente escluso il ritorno in coalizione dei laburisti (puniti con il tracollo da 38 a 9 seggi proprio per aver formato con Rutte una sorta di grande coalizione), il premier incaricato dovrà guardare in molte diverse direzioni, senza scartare la possibilità di accordarsi con i verdi di sinistra del giovane «Trudeau olandese» Jesse Klaver, custode di un tesoretto di 15 seggi. Fuori dai giochi invece - a meno di sorprese clamorose - gli anti-Ue di Geert Wilders, che pure dispone di un pacchetto di 20 deputati.
Le notizie più «forti», però, arrivano dall'estero. E non tanto dagli ambienti europeisti degli altri Paesi Ue, prevedibilmente concordi nel definire la vittoria di Rutte uno stop al populismo e un rilancio delle prospettive unitarie. Né dalle Borse che festeggiano. No, è dalla Turchia che arrivano le reazioni più interessanti. Lo scatenato Erdogan e i suoi ministri - decisi a tenere altissima la tensione con l'Olanda per sfruttarla a scopi elettorali - hanno rilasciato una raffica di dichiarazioni provocatorie che non mancheranno di ottenere il risultato desiderato.
Così il presidente turco ha detto che Rutte «ha vinto le elezioni ma ha perso l'amicizia della Turchia», e ha accusato l'Europa di aver «avviato la battaglia tra la croce e la mezzaluna dell'islam»; il suo primo ministro Binali Yildirim è andato oltre, assegnando ad Ankara il presunto merito di aver determinato l'esito del voto olandese, impedendo che «vincesse il razzismo. Ma il capolavoro - si fa per dire - è uscito dalla bocca del ministro degli Esteri Mevlut Çavusoglu, ancora rabbioso per il divieto impostogli da Rutte di tenere in terra olandese dei comizi per il «sì» nel referendum del prossimo 16 aprile sul presidenzialismo in Turchia. Çavusoglu si è spinto a profetizzare che l'Europa sarà presto «teatro di guerre di religione», ovviamente conseguenza del «risorgente nazismo» di cui avrebbero dato prova Germania e Olanda ostacolando i comizi suoi e dei suoi colleghi ministri nei rispettivi Paesi.
Commentando i risultati delle elezioni olandesi, il ministro degli Esteri di Erdogan non si è contenuto: «Quando si guarda ai partiti olandesi si vede che non c'è differenza tra i socialdemocratici e il fascista Wilders. Hanno tutti la stessa mentalità fascista. Dove andrete? Avete dato inizio al collasso dell'Europa. State trascinando l'Europa nel baratro.
Presto inizieranno guerre di religione in Europa». Sono queste parole, rivelatorie dei veri obiettivi degli «islamici moderati», a dar piena ragione alla scelta di Rutte di lasciare certi signori turchi fuori dai confini nazionali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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