Ovazione dei delegati per l'addio che non c'è

Un quarto d'ora di applausi per la Cancelliera che resterà a Berlino fino al 2021

Roberto Fabbri

La Cdu si è spaccata in due come una mela per eleggere il suo successore, ma è rimasta intera per tributarle un addio corale pieno di gratitudine e nel quale si sono già percepiti i toni della nostalgia: almeno a parole.

Parole che per Angela Merkel hanno speso generosamente non soltanto la sua vincente delfina Annegret Kramp-Karrenbauer , ma anche suoi concorrenti storici come Friedrich Merz («Grande rispetto per lei») e avversari interni inveleniti come il leader della Csu bavarese Horst Seehofer («È la migliore»).

Una standing ovation di un quarto d'ora dei delegati al congresso di Amburgo ha risposto al discorso di commiato della donna politica che ha trascorso 18 anni consecutivi alla guida del partito più forte della Germania: roba degna di Stalin, non fosse che la Mammina - come i tedeschi sono abituati da tempo a soprannominarla - ha tratto dalla sua gioventù trascorsa all'ombra del Muro di Berlino insegnamenti che l'hanno condotta com'è ben noto a tutt'altri approdi politici.

La Cdu ha «il compito di difendere i valori della società liberale», ha detto la Merkel - interrotta da un lungo applauso già all'inizio del suo intervento - e confermandosi «matura, motivata e unita», un partito «forte e centrista» avrà la forza dopo questo congresso «di invertire le tendenze e di vincere le elezioni».

Il tema della crisi di consensi verso il partito abituato a dominare la scena politica tedesca da decenni ha ovviamente aleggiato sul congresso amburghese. La Merkel non lo ha aggirato, anche perché ieri ha lasciato la guida del partito ma non quella del governo, che dovrebbe mantenere fino alle prossime elezioni, fissate per il 2021. Ma la sua risposta alle gravi difficoltà del momento - che mostrano la Cdu/Csu precipitata sotto il 30% delle intenzioni di voto, incalzata dai redivivi Verdi, oltre a uno zoccolo duro di destra xenofoba sopra il 12% - non prevede ripensamenti né ammiccamenti allo Zeitgeist, quello spirito del tempo che pure nella sua lunga carriera ha spesso assecondato dopo attento e costante ascolto degli umori popolari espressi dai sondaggi.

A partire proprio dalle scelte in tema di immigrazione, che tanti consensi le sono costati: «La Cdu non esclude nessuno. Mai. Gestire la politica vuol dire vedere il mondo anche con gli occhi degli altri - ha scandito la Cancelliera -. Il mondo non è in bianco e nero, ma molteplice e colorato, abbiamo sempre creduto nel compromesso e non crediamo in risposte semplici»: una bella legnata a chi, come Merz e Jens Spahn, avrebbe voluto riorientare il partito a destra.

Anche sugli altri temi Merkel ha rivendicato la sua linea pragmatica e centrista, concedendosi toni quasi lirici, da politico esperto che sa di avere davanti a sé un ultimo importante capitolo da scrivere prima di passare nella «riserva della Repubblica». E con questo spirito ha spaziato dalla «profonda cesura della Brexit» alla «tenuta dell'Europa e della moneta unica», dalle fake news «che destabilizzano la società» alle minacce del populismo e delle guerre commerciali.

E alla fine, quando è esploso quell'applauso dei mille delegati che

sembrava non finire mai, la storica leader si è anche commossa, ha accennato un inchino e ha assicurato che «è stato un grande onore». Ma il lungo addio alla politica di Angela Merkel è appena cominciato, e tutti lo sanno.

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