Roma - Il giorno dopo la presentazione «ufficiosa» del decreto su quota 100 restano molti dubbi in capo alle categorie interessate dal provvedimento. Come nel caso del reddito di cittadinanza, infatti, pare che la controriforma della legge Fornero nasconda in sé molti «dissuasori occulti» all'uscita anticipata dal mondo del lavoro. E, soprattutto, molti interrogativi sorgono sull'effettiva possibilità che il tasso di sostituzione tra neoassunti e pensionati sia il fatidico 1:1, di fatto caricando nuovi oneri sul sistema previdenziale pubblico senza garanzie che i nuovi entranti contribuiscano, almeno in parte, alle maggiori spese.
Ma andiamo con ordine. Per i lavoratori del settore privato il deterrente per l'accesso a «quota 100» è rappresentato dal divieto di cumulo tra reddito da pensione e reddito da lavoro fino al raggiungimento dell'età pensionabile prevista dalla legge Fornero (cioè 67 anni per chi intende lasciare quest'anno). Il limite di 5mila euro annui alle entrate aggiuntive rispetto all'assegno previdenziale scoraggia chi vorrebbe lasciare in anticipo magari stipulando un contratto di consulenza per arrotondare una pensione già «mutilata» dall'uscita in anticipo che fa dimagrire automaticamente il montante contributivo che si ferma a 38 anni. Non troppo incoraggiante per le giovani generazioni, invece, è la norma che prevede l'utilizzo dei fondi bilaterali destinati al welfare aziendali per favorire uscite anticipate fino a 3 anni su quota 100 e che metterebbe in grado i 59enni di ricevere un incentivo in grado di coprire sia il mancato stipendio per tre anni che il buco previdenziale. Ovviamente, si tratta di possibilità che si concretizzano sulla base di accordi aziendali ma manca una chiara definizione degli standard per le assunzioni dei giovani, come di solito avviene nel comparto bancario o assicurativo nel quale i passaggi generazionali sono ben visti da aziende e sindacati.
È andata peggio agli statali. L'apertura della finestra a luglio con obbligo di preavviso di sei mesi lascia spazio solo fine a fine gennaio per chi abbia già raggiunto quota 100. Ma la vera beffa è il prestito bancario per ottenere il Trattamento di fine servizio (il Tfr degli statali) senza aspettare l'età pensionabile prevista dalla legge Fornero che già ne aveva rateizzato l'erogazione a seconda dell'importo (si può attendere fino a 7 anni). «Sono idee del governo Renzi per far guadagnare le banche: ci ripensino», ha tuonato la leader di Fdi, Giorgia Meloni.
Scontente Cgil, Cisl e Uil che avrebbero voluto l'abolizione tout court della Fornero e che hanno già deciso di scendere in piazza. «Il sistema delle finestre mobili è un artificio e la questione del Tfs penalizza la Pa», ha chiosato Domenico Proietti, segretario confederale Uil.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.