Roma «Siamo usciti dal tunnel e siamo su un sentiero che vedo aprirsi». Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha usato la metafora più logora da Mario Monti in poi per sottolineare che, secondo i suoi standard, l'Italia avrebbe definitivamente superato il rischio di una terza recessione. E per mettere nero su bianco l'inversione del ciclo macroeconomico ha annunciato che «tra alcune settimane pubblicheremo la nota di aggiornamento al Def con nuove stime che rivedono al rialzo quelle precedenti», sottolineando che il governo intende fare proprio lo spirito delle previsioni di Bankitalia. Via Nazionale venerdì ha aggiornato al +1,4% la stima di crescita del Pil quest'anno e il titolare del Tesoro ha rimarcato che «questi numeri sono importanti, ma sono il frutto di un'accelerazione degli investimenti».
Si tratta di un'annotazione non superflua in quanto prefigurano una legge di Bilancio basata di meno rispetto al passato sulla elargizione di mance. «Con gli investimenti - ha aggiunto Padoan - aumenta la domanda, ma anche i capannoni, le macchine e la crescita potenziale delle fabbriche in attività e i pongono le basi per aumentare la robustezza dell'economia». Ecco perché è «importante proseguire su questa strada: bisogna proseguire nel consolidamento fiscale, delle riforme, delle tasse abbassate in modo sostenibile. Cosa vuol dire? Vuol dire che una volta che si abbassano non si alzano più». Insomma, secondo le indicazioni del ministro, è più probabile che e risorse si spendano nella prosecuzione degli sgravi e sugli investimenti e sul taglio del costo del lavoro finalizzato alle assunzioni dei giovani. «Il cuneo fiscale è un termine che in sé non vuol dire nulla», ha precisato osservando che «si tratta di abbattere o alleggerire questa componente, si tratta di capire qual è il meccanismo tecnico che farà sì che per un dato ammontare di risorse pubbliche ci sia il massimo possibile di nuovi assunti giovani».
Non è mancato nella disquisizione dell'ex (e forse futuro) capoeconomista Ocse anche un accenno alla diatriba tra Matteo Renzi e Mario Monti nella quale ha accuratamente evitato di prendere una posizione troppo netta rimanendo però su una linea di un moderato europeismo, a differenza dell'ex premier fiorentino. «Il Fiscal Compact ha problemi tecnici, che sono stati da tempo sottoposti dall'Italia e da altri Paesi, ma il futuro dell'Europa non si deve giocare sul tema Fiscal Compact sì o no, bensì su cose più serie», ha detto difendendo tuttavia il ruolo del bonus da 80 euro.
Il vero attacco Padoan l'ha riservato alla flat tax che è il cavallo di battaglia del centrodestra. «Passare da un sistema complesso come il nostro al sistema di flat tax ha delle implicazioni redistributive gigantesche. Chiediamoci chi ci guadagna e chi ci perde», ha chiosato ribadendo che «il consolidamento fiscale è abbassare le tasse per fare in modo che non si alzino più» perché «se continuiamo a crescere, il debito scomparirà da solo».
L'unica ombra ieri è giunta da un sondaggio Tecné per la Fondazione di Vittorio vicina alla Cgil.
Il 20% degli intervistati teme un ulteriore peggioramento delle proprie condizioni economiche nel prossimo futuro, il 70% pensa che non cambierà nulla. Solo il 4% si sente più sicuro rispetto a un anno fa, mentre il 32% giudica peggiorata la propria situazione economica e il 24% si sente più vulnerabile e fragile. Se la ripresa c'è, la sentoni in pochi quindi.
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