I l Vangelo della domenica è propizio, per il Papa, per ricordare a tutti che «Dio è nei rifugiati che tanti vogliono cacciare via»; che i migranti non sono un peso da rispedire a casa ma vanno accolti e accettati, senza distinzione di razza e fede. Non è un caso che le parole di Francesco arrivino proprio nel giorno in cui a Fermo si celebrano i funerali di Emmanuel, il 36enne nigeriano ucciso martedì scorso dopo aver difeso la compagna in seguito agli insulti di un residente che si è rivolto alla donna, secondo le ricostruzioni, con l'appellativo di «scimmia». Parole che diventano pietre. E che hanno scatenato l'episodio, culminato nella morte del nigeriano.
La parabola di ieri è quella del Buon Samaritano. Bergoglio non cita mai i fatti di cronaca, né quelli di Fermo, né gli episodi di violenza a Dallas. Eppure non appare lontano il riferimento all'attualità.
Durante l'Angelus in piazza San Pietro, davanti a una folla riunita nonostante il sole cocente di metà luglio, Papa Francesco avverte: il mio prossimo è anche l'immigrato che non viene accolto, che ha nazionalità e religioni diverse dalle nostre. Una parabola, dice il Pontefice, che «indica uno stile di vita, il cui baricentro non siamo noi stessi, ma gli altri, con le loro difficoltà». E che ci interroga: «Chi è il mio prossimo? Chi devo amare come me stesso? I miei parenti? I miei amici? I miei connazionali? Quelli della mia stessa religione?», esorta Papa Francesco. Ricorda l'episodio di Gerico, dove un samaritano, considerato lo «scomunicato» di quel tempo, il disprezzato dai giudei perché non osservante della vera religione, fu l'unico ad aiutare un passante che era stato assalito dai briganti. Per Bergoglio non bisogna «catalogare gli altri per decidere chi è il mio prossimo e chi non lo è» ma dipende da ognuno di noi «essere o non essere prossimo». Cita, Papa Francesco, la celebre canzone di Mina, «Parole, parole, parole», per invitare a compiere «opere buone» e non solamente a «dire parole che vanno al vento». E Gesù conclude: «Va e anche tu fa lo stesso». Bella lezione avverte Bergoglio ciascuno di noi si deve far prossimo del fratello e della sorella che vediamo in difficoltà».
Da qui una serie di domande che invitano alla riflessione: «Mi faccio prossimo o semplicemente passo accanto? Sono di quelli che selezionano la gente secondo il proprio piacere? Queste domande è bene farcele e farcele spesso, perché alla fine saremo giudicati sulle opere di misericordia».
E infine, i casi concreti che il Pontefice argentino elenca uno ad uno: «Ti ricordi? Quel bambino affamato ero io. Ti ricordi? Quel migrante che tanti vogliono cacciare via ero io. Quei nonni soli, abbandonati nelle case di riposo, ero io. Quell'ammalato solo in ospedale, che nessuno va a trovare, ero io». Il cuore del messaggio all'Angelus domenicale è proprio questo: il prossimo è ciascuno di noi, dai poveri agli immigrati, dagli anziani agli ammalati. «L'amore generoso verso gli altri conclude il Papa è il comandamento principale che Cristo ci ha lasciato. È questa la strada per entrare nella vita eterna».
Per restare in tema di immigrazione, Francesco ha infine ricordato che ieri si è celebrato la «Domenica del Mare», a sostegno della cura pastorale della gente in mare e ha incoraggiato i «marittimi e i pescatori nel loro lavoro, spesso duro e rischioso».Il pensiero, il cuore, l'anima di Francesco è ancora una volta per gli ultimi, i più poveri, gli emarginati. E tra questi, anche i migranti hanno un posto speciale per il Pontefice argentino.
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