Paradosso 5s: i "poteri forti" sono nemici ma pure alleati

Prima delle scorse elezioni politiche Di Maio accusava la Lega di essere un partito "corrotto"

Paradosso 5s: i "poteri forti" sono nemici ma pure alleati

Dunque, proviamo a ricapitolare. Secondo il senatore grillino Gianluigi Paragone (che Luigi Di Maio vuole a capo della commissione Banche) il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti (che di Matteo Salvini è la mente e il braccio) «è un uomo del sistema, espressione dei poteri forti» vicino a Giorgio Napolitano, a Draghi e agli Stati Uniti. Con un simile alleato, pertanto, nessun «cambiamento» sarà possibile. Secondo Giggino Di Maio, invece, Matteo Salvini è «un paraculo» che, difendendo il sottosegretario Armando Siri, difende «la corruzione e la mafia». Così non fosse, aggiungono i grillini in coro, Giorgetti non avrebbe assunto nel proprio staff di palazzo Chigi il figlio dell'imprenditore Paolo Arata, presunto corruttore di Siri in affari, è l'accusa, con referenti della mafia trapanese. Con un simile alleato, pertanto, si fa il gioco di Cosa nostra.

Non si tratta di esagerazioni polemiche dovute alle elezioni imminenti. Si tratta di convincimenti profondi, che il naturale opportunismo del Movimento 5stelle incoraggia normalmente a sopire, ma che fatalmente riemergono nei momenti di maggiore tensione interna alla coalizione di governo. Momenti come questo. Momenti come quando il motivo del contendere si chiamava Tav e nell'aula del Senato il grillino Alberto Airola scandì: «Chi crede nel Tav non ha a cuore gli interessi del popolo, ma quelli delle multinazionali e delle mafie». Airola non fece nomi, ma fu chiaro a tutti che si riferiva alla Lega. Interpretazione avallata dal fatto che alle sue parole i grillini si spellarono le mani, mentre gli alleati leghisti, chissà perché, non applaudirono.

Sappiamo che prima delle scorse elezioni politiche Di Maio accusava la Lega di essere un partito «corrotto» e Salvini di essersi messo in tasca «49 milioni di denaro pubblico». Parole in linea con quelle di Beppe Grillo, che rinfacciava alla Lega di «essere stata al governo per anni» e di aver «rubato» a più non posso. Poi ci hanno fatto un governo assieme, ma dal tenore del confronto attuale non sembra abbiano cambiato idea. Hanno dunque cambiato natura. Si sono, evidentemente, snaturati.

Il Movimento 5stelle non aveva altra identità se non quella «giustizialista»: fare giustizia dei politici corrotti, delle mafie, dei «poteri forti». Ed ora, stando alle loro stesse accuse, se li tengono stretti al governo per paura di nuove elezioni.

*senatore di Forza Italia

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