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Parigi, paura all'aeroporto «Morirò in nome di Allah» Strappa un mitra: ucciso

L'attentatore un 39enne tunisino, radicalizzato in carcere. Nel suo zaino una bombola di gas

U na nuova scia di violenza cominciata all'alba nella periferia Nord di Parigi è finita con l'uccisione di Ziyed Ben Belgacem. Un 39enne tunisino con cittadinanza francese giunto all'aeroporto di Orly per compiere una strage «in nome di Allah». Tragedia evitata per un soffio. Alle 8,30, al primo piano del Terminal Sud nella zona imbarchi, appena prima dei controlli, l'uomo ha atteso un gruppo di militari dell'operazione Sentinelle. Tra loro una soldatessa. Aggredita alle spalle, l'ha presa in ostaggio puntandole una pistola alla tempia: «Ci saranno morti in nome di Allah». Due minuti per capirne le intenzioni e i militari aprono il fuoco uccidendolo con tre colpi, recuperando anche il fucile d'assalto Famas della soldatessa.

È passato un mese e mezzo dal grido «Allah Akbar» a Louvre, quando un uomo armato si scagliò contro i militari di guardia nel piano interrato del museo ferendone uno, e in Francia si susseguono ancora episodi di violenza di matrice islamica (un padre e un fratello sgozzati due giorni fa a Montreuil), anarchica (l'attacco alla sede del Fmi di Parigi con un petardo), terroristica o di follia.

L'uomo, noto alle autorità per numerosi reati dalla rapina a mano armata alla ricettazione e allo spaccio era schedato con la lettera J come Justice, non come terrorista. Scarcerato l'anno scorso. Fermato all'alba per un controllo di polizia alle 6,55, è bordo della sua Clio bianca quando perde la testa per la prima volta. Alla periferia di Parigi, Garges-lès-Gonesse, dà i documenti alla pattuglia, ma sa di essere schedato. Decide allora di far fuoco contro gli agenti con una pistola a pallini, letale se usata a corta distanza. Ferisce a un occhio un poliziotto, fugge. Raggiunge Vitry e in un bar minaccia di sequestrare le persone all'interno sparando quattro colpi in aria «in nome di Allah». Poi ruba una C4 e raggiunge l'aeroporto di Orly alle 8,05.

Gli investigatori avevano già interrogato il padre e il fratello dell'assalitore. Si erano presentati al commissariato all'alba dopo aver ricevuto un sms da Ziyed: «Ho fatto una stupidaggine (stronzata), ho sparato a un poliziotto». A Orly, da cui passano 31 milioni di viaggiatori l'anno, stavano già andando in scena le grida del personale di sicurezza: «Uscite, correte via». Tutto faceva pensare a un nuovo attentato. Donne e bambini da una parte, uomini dall'altra per cercare eventuali complici. Scalo chiuso, 3mila persone evacuate nel terminal Sud. Nessun ferito, ma voli deviati sullo scalo di Roissy-Charles de Gaulle.

Gli artificieri verificavano la presenza di cinture esplosive e intanto si ricostruiva il puzzle di Ziyed grazie al fermo del padre, del fratello e del cugino. Ziyed aveva una bomboletta di idrocarburo nello zaino, un Corano e un accendino. «Pensiamo che volesse il fucile della soldatessa per sparare contro la gente», dice il procuratore François Molin, spiegando che si sarebbe radicalizzato in una prigione di Créteil tra il 2011 e il 2012. Frequentava sospetti jihadisti, ma era noto solo per reati minori. Nel 2015 una perquisizione non portò a nulla. Le indagini ora sono affidate alla procura antiterrorismo. L'aeroporto ha riaperto dopo le 15. Meno di un anno fa l'attacco allo scalo di Bruxelles fece 32 morti e più di 300 feriti. A Orly solo tanta paura e la conferma delle Sentinelle come primo bersaglio.

Il quarto caso in poche settimane contro il dispositivo militare dispiegato in Francia dopo l'attentato a Charlie Hebdo.

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