Patrimoniale in vista e spesa fuori controllo

Divisi su banche e opere pubbliche, Pd e M5s sono pronti ad alzare le tasse

Patrimoniale in vista e spesa fuori controllo

Un governo giallorosso ha in teoria pochi spazi di manovra sui temi economici. Pd e Cinque stelle sono antitetici sulle opere pubbliche (solo ieri i democratici liguri hanno giudicato una «farsa» lo studio del ministro pentastellato Toninelli che boccia la Gronda di Genova), distanti sulle banche. Su sponde opposte anche su questioni apparentemente tecniche ma fondamentali per chi governa, ad esempio su energia e politiche industriali.

Per trovare un terreno comune tra il movimento fondato da Beppe Grillo e il Partito democratico bisogna semmai decidere di percorrere la vasta prateria delle politiche fiscali «redistributive», formula usata dal segretario Pd Nicola Zingaretti più volte. Accennata dal leader M5s Luigi Di Maio, nella variante di una «manovra equa».

Difficile non pensare a una patrimoniale. La chiede la sinistra e anche un pezzo di sindacato, in primo luogo Maurizio Landini, segretario della Cgil molto apprezzato dalle parti del Movimento 5 stelle. In particolare dal presidente della Camera Roberto Fico. Evocata ieri da Silvio Berlusconi come possibile conseguenza di un governo di sinistra, è uno dei timori del presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa, che ha visto un accenno alla patrimoniale in uno dei punti usciti dalla direzione del Pd di mercoledì. Altra possibilità evocata dal leader di Forza Italia, un ritorno delle tasse di successione, con un prelievo fino al 45%.

Ma il colpo al patrimonio potrebbe arrivare anche attraverso vie alternative. Di Maio ha citato espressamente il taglio di «norme fiscali inutili». È la riduzione delle tax expenditures, quindi delle agevolazioni fiscali. Se il governo volesse colpire la proprietà una strada potrebbe ad esempio essere non confermare la cedolare secca sugli affitti. Oppure introdurre altre imposte sostitutive, come quella sulle rendite finanziarie.

Fanno parte del paniere delle politiche economiche giallorosse, nuove tasse sulle attività inquinanti, magari presentate come una misura pro ambiente insieme allo stop a inceneritori e trivelle citato da Di Maio.

Un altro terreno di incontro potrebbe essere il salario minimo. Ufficialmente il Pd è contrario, ma la matrice della proposta cara al leader M5s Luigi Di Maio è di sinistra.

L'idea di regolare i rapporti di lavoro per legge e non attraverso i contratti non dispiace alla Cgil. Il Pd non dovrebbe porre veti ai 9 euro minimi all'ora fissati per legge, una volta che il sindacato di Corso d'Italia desse una legittimazione.

Sia Di Maio sia Zingaretti vogliono lo stop agli aumenti dell'Iva. Ma, sempre seguendo la logica redistributiva, non è da escludere un aumento che colpisca solo alcune categorie merceologiche.

Di Maio uscendo dall'incontro con il presidente della Repubblica ha illustrato un programma vastissimo. C'è il taglio al cuneo fiscale, il sostegno alle famiglie, alle nascite, alla disabilità e all'emergenza abitativa.

Il conto rischia di essere molto maggiore rispetto ai 50 miliardi del programma della Lega di

Matteo Salvini. Difficile mantenere le promesse. Anche perché i vincoli europei restano e l'economia sta peggiorando. Ieri Moody's ha previsto che la crescita mondiale nei prossimi 3-5 anni rallenti ulteriormente, dal 2,8% al 2,7%.

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