I poliziotti italiani salirebbero a bordo delle navi delle Ong consegnando le armi al capitano per salvaguardare la neutralità delle organizzazioni umanitarie. Un compromesso che potrebbe sbloccare, almeno in parte, il braccio di ferro con il Viminale.
Non tutte le Ong sono estremiste come diverse tedesche che operano nel Mediterraneo o arroganti sullo stile di Medici senza frontiere. Un folto gruppo di Organizzazioni umanitarie non governative italiane, che vanno da Intersos a Cesvi, hanno messo nero su bianco un testo con spunti, in alcuni casi dettati dal buon senso, per trovare un compromesso con il ministero dell'Interno sul salvataggio dei migranti. In realtà siamo ancora lontani da un accordo, ma è un primo, piccolo, passo.
Link 2007, che raggruppa 13 Ong italiane, Concord Italia e l'associazione Aoi, di cui fanno parte anche organizzazioni di sinistra e «talebane» hanno stilato quattro paginette, per spiegare le loro ragioni. Su uno dei punti più dibattuti «la presenza a bordo di funzionari armati» si ribadisce che il no «è un segno dell'imparzialità, della neutralità ed anche una garanzia di sicurezza per il personale». La solita musica, ma subito dopo si spiega che «non si tratta di non accettare ufficiali giudiziari e di polizia a bordo, ma semplicemente della richiesta di consegnare le armi al capitano al momento dell'imbarco sulla nave (sede dell'Ong, in questo caso), per poi riprenderle all'uscita, come avviene nelle sedi di molte Organizzazioni umanitarie, perfino per i contingenti militari in Afghanistan e Iraq». Un compromesso tirato un po' per i capelli, ma che potrebbe funzionare.
I poliziotti italiani salgono a bordo delle navi che recuperano i migranti e consegnano le armi in dotazione al capitano, autorità assoluta su ogni imbarcazione e spesso non adepto della Ong, che le restituisce quando scendono. Un compromesso forse accettabile a patto che il capitano riconsegni le armi in caso di necessità, come un attacco dei trafficanti e che gli agenti possano svolgere le indagini sui moderni schiavisti che sfruttano la tratta di essere umani.
Sulla «proibizione del trasbordo (dei migranti) da una nave più piccola ad un'altra più grande e attrezzata per il soccorso e le cure mediche» siamo ancora al muro contro muro.
Per fortuna le Ong meno arroganti chiudono il documento con il titolo: «Nessuna chiusura.
Le porte rimangono aperte». E spiegano, giustamente, che «le divisioni nel mondo Ong e tra Ong e istituzioni, in un momento difficile come questo, non aiutano nessuno, specie di fronte a questioni che toccano la vita e la morte delle persone».
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