Paura del virus: pilota rifiuta gli immigrati

RomaEra stato considerato un processo alla scienza e storiche le condanne inflitte al termine del dibattimento. Ma la sentenza contro i membri della Commissione Grandi Rischi che nel 2009 avevano rassicurato gli abitanti dell'Aquila escludendo la possibilità di una forte scossa sismica, che invece si verificò 5 giorni più tardi provocando la morte di 309 persone, non ha retto in secondo grado: assolti sei dei sette imputati e una condanna ridimensionata. Per la Corte d'Appello dell'Aquila i componenti dell'organismo tecnico-scientifico della Presidenza del Consiglio non hanno responsabilità nella tragedia che ha colpito il capoluogo abbruzzese il 6 aprile del 2009. Viene ristabilito così un presupposto evidente a tutta la comunità scientifica internazionale, ma che questo processo sembrava aver spazzato via, e cioè che i terremoti non si possono prevedere. Anche se l'accusa ha sempre negato che l'ipotesi di colpa fosse incentrata sulla previsione dei sismi.

«Vergogna!», grida il pubblico in aula appena capisce che sono stati azzerati gli sforzi della Procura per dimostrare che i funzionari dello Stato, chiamati a mettere il loro sapere a disposizione degli aquilani terrorizzati dalle continue scosse, non avevano analizzato correttamente tutti i rischi di quei giorni. Delusi i cittadini che si erano dati appuntamento su Facebook fuori dal Tribunale, in lacrime gli studenti che in questi mesi non si sono persi un'udienza. «Questa sentenza ci sorprende, è un terremoto nel terremoto», commenta affranto Attilio Cecchini, avvocato di parte civile. Sconcertato anche il pg Romolo Como: «Immaginavo un forte ridimensionamento delle pene, ma non un'assoluzione così completa». Nonostante tutto, invece, il procuratore capo Fausto Cardella ritiene che «l'impianto accusatorio sia stato stato confermato». In primo grado gli imputati erano stati condannati a 6 anni (il pm ne aveva chiesti 4) per omicidio e lesioni colpose perché non avrebbero valutato il pericolo sulla base delle loro conoscenze, tranquillizzando invece la popolazione. Una sentenza clamorosa, che aveva fatto parlare a lungo anche la stampa estera. Ieri il presidente della Corte d'Appello, Fabrizia Francabandera, l'ha ribaltata assolvendo sei imputati nonostante il Pg ne avesse chiesto la conferma. L'unico condannato è Bernardo De Bernardinis, ex vice di Guido Bertolaso alla Protezione Civile, la cui pena (sospesa) è stata rideterminata in due anni di reclusione perché ritenuto responsabile dei reati contestati in riferimento solo ad alcune vittime. Escono invece di scena Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi Rischi dell'epoca, Enzo Boschi, allora presidente dell'Istituto nazionale di geofisifa e vulcanologia, Giulio Selvaggi, già direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case, Claudio Eva, ordinario di fisica all'Università di Genova e Mauro Dolce, direttore dell'ufficio rischio sismico di Protezione civile. Fulcro del processo è stato il verbale redatto dopo la riunione della Commissione del 31 marzo 2009, in cui gli esperti di fatto rassicurarono la popolazione ritenendo poco probabile un forte terremoto. Per la Procura si trattò di un'operazione mediatica voluta da Bertolaso (la cui posizione è ancora in piedi in un'inchiesta parallela) per tranquillizzare i cittadini ai quali sarebbe stata data un'informazione fuorviante impedendo loro di mettere in atto le tradizionali cautele. Gli avvocati sono riusciti a smontare le accuse insistendo sul fatto che quella svolta all'Aquila non fu una riunione ufficiale della Commissione e che gli intervenuti parlarono a titolo personale.

Grande soddisfazione tra gli imputati e i loro legali. «Sono stato malissimo in tutto questo tempo in cui sono stato accusato di omicidio. Ora spero di riprendere la mia vita», dice Boschi.

«Questa sentenza ci gratifica - commenta l'avvocato Franco Coppi - perché sono state accolte le nostre tesi ma siamo molto dispiaciuti per i familiari delle vittime». Francesco Petrelli, difensore di Barberi, parla di «decisione coraggiosa».

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