M atteo Renzi aveva provato a essere sobrio per commentare (da Courmayer) l'ultimo intervento di Giorgio Napolitano. Con un tweet aveva detto: «Nove anni di servizio, autorevolezza, responsabilità. Un presidente cui possiamo solo dire grazie».
Il suo cinguettìo, però, dà il via a un trionfo di dichiarazioni di un nutrito plotone di esponenti Pd. Nelle quali la figura di Giorgio Napolitano è in bilico tra «Padre della Patria» (Debora Serracchiani) e «faro luminoso della nostra democrazia» (Roberto Speranza). Come se, dopo il tweet del presidente del Consiglio, dal Nazareno fosse partito l'ordine di scuderia di stendere un «red carpet» per accompagnare l'uscita dal Quirinale del capo dello Stato.
Lorenzo Guerini, altro vicesegretario del Pd insieme alla Serracchiani, prova a riportare i commenti sul binario della politica. «Il Pd - dice - si sente impegnato dalle sue parole nel governo del Paese per procedere nel cammino delle riforme e del cambiamento e per sorreggere il senso della fiducia e della speranza che le sue parole hanno rivolto agli italiani». Eppoi, anche lui scivola nell'emulazione del «capo» (Renzi). E gli scappa un: «Grazie presidente del popolo italiano».
Con la scusa di commentare il discorso del capo dello Stato, già s'intravvedono però le differenze interne al Pd sul successore di Napolitano. Francesco Boccia, collocabile nell'area dei lettiani , per esempio, sottolinea come «l'elezione del nuovo capo dello Stato sarà una prova di maturità e responsabilità nell'interesse del Paese». Secondo il presidente della commissione Bilancio della Camera, Napolitano ha «indicato alla politica la via da seguire: una via fatta di responsabilità, unità e di un confronto più costruttivo».
E avverte che «gennaio sarà un momento cruciale per la vita istituzionale del nostro Paese. La politica dovrà essere all'altezza di individuare, proporre e votare un successore di Napolitano, altrettanto autorevole libero e forte, evitando che nel Pd ci siano correnti organizzate che facciano quello che fu fatto a Bersani con il siluramento di Marini e Prodi».
Boccia, poi, ricorda che «il 2015 sarà l'anno della verità». Ma sarà - secondo l'esponente di maggioranza - «l'anno del Pd, del Pse, della sinistra. La precondizione in Italia è che ritrovi il principale collante di una forza moderna che era e deve restare di sinistra, partendo sempre dalla centralità della persona. Quel collante - conclude il presidente della commissione Bilancio - si chiama confronto. Servirà a tutti, ma servirà soprattutto al Pd».
Insomma, quasi una sfida a Renzi per coagulare consenso sul candidato del Quirinale. Luigi Zanda, capogruppo Pd al Senato, preferisce sottolineare i temi affrontati dal capo dello Stato nell'intervento di fine anno. E primo fra tutti, quello della corruzione. «Come ha sottolineato il presidente Napolitano - osserva - è proprio nelle pieghe della politica, dei poteri pubblici e della pubblica amministrazione che le mafie e la corruzione trovano complicità».
Fuori dal coro dei «padri della Patria» e dei «fari luminosi» si colloca ancora una volta Pippo Civati. «Poteva essere il discorso di nove anni fa», commenta l'esponente della minoranza interna del Pd. Speriamo - chiosa - che il successore di Napolitano «abbia la sua stessa coerenza ma non le stesse idee».
Subito dopo l'intervento a reti unificate, il centralino del Quirinale è stato bersagliato di telefonate. Fra le prime ad arrivare c'è stata quella di Federica Mogherini, alto rappresentante europeo per la politica estera.
Poi, quella di Anna Finocchiaro, presidente della commissioni Affari costituzionali al Senato.Ma c'è stata anche quella di Mario Draghi. Il presidente della Banca centrale europea si è complimentato per l'intervento del capo dello Stato.
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