Il Pd e la guerra per bande sugli appalti del petrolio

Caso Guidi: la guerra in Basilicata tra la corrente del sottosegretario De Filippo legato al sindaco di Corleto e il governatore Pittella. In ballo controllo del territorio, ma pure affari e posti di lavoro

Il ministro Guidi (al centro) durante la fiducia di lunedì al Senato
Il ministro Guidi (al centro) durante la fiducia di lunedì al Senato

Roma - Una cricca dem con le mani nel petrolio. Non ci sono solo le intercettazioni tra l'ormai ex ministro Federica Guidi e il suo compagno interessato al business dell'oro nero, ma anche gli «interessi illeciti» su quel colossale affare «di taluni politici e amministratori locali lucani» che, in nome dei petroeuro, «non hanno avuto remore nello svilire la pubblica funzione rivestita, incamerando dai predetti imprenditori compensi della più disparata natura, in cambio di pressioni per affidare lavori e contratti». Qualcuno è rimasto invischiato nel greggio ritrovandosi indagato. Altri, come il ministro o il sottosegretario Vito De Filippo, sono stati messi in mezzo dalle intercettazioni. Ma il meccanismo di «sfruttamento politico» delle trivellazioni in Lucania rischia di bruciare la già non immacolata immagine del Pd.

«L'ENI HA DATO UN HOTELAL SOTTOSEGRETARIO»

Quale sia l'interesse dei politici sul petrolio lo si capisce dalla chiacchiera intercettata tra due vigili urbani del comune «petrolifero» di Corleto. Uno dei due, autista del sindaco Pd, spiega che una nuova candidatura dipende dal governatore, Pittella, «che a suo dire avrebbe l'interesse a gestire qua il petrolio ovvero a sistemare i cazzi suoi proprio come avrebbe già fatto il suo predecessore, Vito De Filippo». Segue esempio del «sistemare i cazzi suoi», paradossale e de relato. Perché secondo il vigile, il sottosegretario alla Salute «avrebbe a sua volta ricevuto dall'Eni un hotel a Milano».

LA GUIDI? INTERVERRÀ«A NOSTRO FAVORE»

A novembre 2014 il dirigente Tecnimont Franco Broggi rivela a Gianluca Gemelli, compagno del ministro dello Sviluppo Economico Guidi, l'avvenuto incontro tra quest'ultima e un rappresentante Tecnimont. Ne sarebbe emerso un intervento del ministro a favore della società ingegneristica italiana. «Sta circolando corrispondenza interna - spiega Broggi - dove si dice che la persona (identificata come la Guidi, ndr) interverrà a nostro favore verso Total».

TUTTI INSIEME INTERESSATAMENTE

Al centro del filone che vede indagati tra gli altri il sindaco Pd e il revisore dei conti del comune di Corleto Perticara, una dinastia di consiglieri regionali Pd, la moglie dell'ad di Saipem Sergio Polito, c'è la Outsourcing srl. La società per il gip è il prototipo di quelle create «evidentemente in funzione delle future commesse da parte della Total (...) e in ciò agevolate da taluni amministratori locali legati a loro volta da rapporti di parentela con i vari soci e/o amministratori delle medesime società». A fondare la Outsourcing a Corleto nel 2007 sono Vincenzo Robortella, figlio del consigliere regionale Pd Pasquale, e la moglie di Carmelo Donnoli, revisore dei conti del comune. I fondatori, nel 2011, aumentano il capitale sociale vendendo due quote da 5mila euro (incassando su ognuna 100mila euro di sovrapprezzo) a Paquale Criscuolo, imprenditore (indagato pure lui) attivo nell'indotto petrolifero, e alla moglie dell'ad di Saipem, Palma Augusto. Due anni dopo, toccherà anche a Salvatore Fiore, figlio del sindaco Pd di Corleto, Rosaria Vicino, entrare in società. E quando Robortella jr viene eletto in Regione, cede le quote al padre «uscente».

ARRIVANO I SOLDI

La Outsourcing realizza un centro servizi da affittare alle società petrolifere. Quasi metà dei soldi per costruire l'edificio sono pubblici. Un finanziamento di 450mila euro concesso da Sviluppo Basilicata, spa controllata al 100 per cento proprio dalla Regione, nonostante la prima richiesta fosse stata considerata «irricevibile». Per il gip, quei soldi vengono presi grazie ad «artifizi e raggiri», e «in assenza dei presupposti previsti», poiché la società era «inattiva e priva di dipendenti». Mentre abbondavano i soci «eccellenti» se, si legge nell'ordinanza, «sin da subito ha assunto rilievo, seppure in via meramente presuntiva, l'intreccio di rapporti esistenti tra i vari soggetti ricoprenti cariche nelle società a vario titolo interessate alla vicenda». Tanto che gli inquirenti, parlando delle «società» costituite da amministratori per «tramite di moglie e figli» per «accaparrarsi finanziamenti vari ed appalti di lavori» legati al petrolio, indica la Outsourcing «e le sue vicissitudini societarie» come «dimostrazione evidente» che la realizzazione del Centro oli «con tutti gli interessi economici ad esso sottesi» fosse divenuto «obiettivo preferenziale» dei politici, locali «e non solo». Una cartina di tornasole di come in Basilicata «si fosse concentrato un vero sistema di malaffare diffuso» che toccava vari «livelli istituzionali».

L'ASSE TRA SINDACO E SOTTOSEGRETARIO

Come l'«asse» tra la sindaco del Pd Rosaria Vicino e il sottosegretario alla Salute De Filippo. Tra i due «sin dalle prime intercettazioni è emersa una commistione di interessi di varia natura». Il sindaco Pd è a capo di un «potentato» che controlla «anche grazie ai posti di lavoro ottenuti e distribuiti» grazie alle società petrolifere (ma anche la coop bianca La Cascina per la mensa Total promette al sindaco 11 assunzioni), tramite i quali incassa «consenso elettorale». Che poi «spende» con De Filippo, «ottenendone pure benefici personali». L'asse è così forte che la Vicino, intercettata col parroco, si preoccupa che il governatore Marcello Pittella, pure lui del Pd ma di altra «corrente», «vuol mettere la bandierina a Corleto». Grazie al petrolio, l'amministratrice Pd mantiene gli equilibri politici interni ai dem e «condiziona ogni forma di scelta» sul territorio.

Arriva a usare i vigili per «indagini private contro avversari politici», chiedendo lumi su eventuali abusi edilizi di un consigliere M5S. E «controlla» la cuoca della scuola, che le fa pulizie a casa e passa al sindaco il cibo della mensa. Un elemento che per il giudice conferma il quadro «grottesco» della sindaca «profittatrice».

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