Pd e M5S studiano Quota 100. Sarà comunque una fregatura

Conte bis partirà da ritocchi alla pensione anticipata Ecco chi rischia di subire la prima stangata giallorossa

Pd e M5S studiano Quota 100. Sarà comunque una fregatura

È stata la prima vittima del governo giallorosso. Prima ancora che fosse sciolto il nodo premier (Giuseppe Conte traballava sotto i colpi del Pd), dalle parti del Partito democratico già si teorizzava la fine prematura di Quota 100. La riforma previdenziale varata dal governo uscente, con la pecca di portare il timbro di Matteo Salvini. Il leader leghista ha fortemente voluto la deroga alla Legge Fornero che dà la possibilità, limitata a tre anni, di andare in pensione anticipata a 62 anni di età e con 38 anni di contributi.

La riforma è entrata in vigore, per la verità con adesioni un po' inferiori rispetto alla media e un costo che spalmato nel prossimo decennio sarà comunque di tutto rispetto. Apprezzata pochissimo dalle parti di Bruxelles. Ma fino alla crisi del primo esecutivo Conte nessuno l'ha messa in discussione.

Poi le prime bordate. Soprattutto dal Pd. Quelle esplicite sono arrivate da Marco Leonardi, consigliere economico della Presidenza del Consiglio del governo Gentiloni. In sintesi, la proposta dem sarebbe di creare dei risparmi per 4-6 miliardi all'anno, che poi andrebbero utilizzati per disinnescare parzialmente gli aumenti dell'Iva previsti per il 2020.

L'ipotesi più drastica consiste nel non rinnovarla. Fare salvi i diritti di chi ha già aderito e bloccare le nuove domande. Misura che permetterebbe di fare cassa, ma sarebbe impopolare perché c'è una legge in vigore e molti lavoratori prossimi alla pensione hanno già pianificato la propria vita basandosi su questa norma.

Nel Pd sono infatti emerse alternative, che hanno praticamente lo stesso effetto, ma un impatto mediatico minore. Prima soluzione, quella della riduzione delle finestre, cioè dei periodi durante i quali è possibile andare in pensione anticipata. Un'altra idea consiste nel ritoccare i requisiti, trasformando Quota 100 in quota 101 o 102. Si pensa soprattutto di portare il requisito contributivo da 38 a 39. Ma c'è anche chi, come l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, prospetta un aumento dell'età da 62 a 63 anni, lasciando comunque che Quota 100 concluda la sua durata naturale, fino al 2021.

A questa linea un po' più prudente si iscrive anche un altro ex ministro Pd, Pier Carlo Padoan responsabile dell'Economia dei governi Gentiloni e Renzi, che vuole «lasciare morire» Quota 100 alla sua scadenza naturale.

L'obiettivo, ancora una volta, non è mettere mano a una riforma considerata ingiusta, ma fare cassa. Rinunciare all'anticipo pensionistico darebbe stabilità al prossimo governo, spiega Padoan. Anche mandandola a scadenza e calcolando una adesione piena, i costi da qui al 2028 sono di circa 45 miliardi.

Comunque vada, qualcuno dovrà riprogettare la fine carriera. I nati nel 1962 sono parzialmente a rischio, soprattutto se prevalesse la linea dura del Pd di interrompere la sperimentazione e non includere il 2021 negli anni di vigenza di Quota 100. Da classe 1963 in poi le speranze di potere andare in pensione prima del tempo, se nascerà il governo Conte, sono zero.

Perché al posto di Quota 100 non ci sarà nulla di così generalizzato come la «finestra» aperta dall'esecutivo gialloverde. Il M5s sta pensando a una riedizione dell'Ape sociale, che peraltro va in scadenza quest'anno.

Lo stesso Damiano propone una versione rafforzata dall'anticipo pensionistico con costi a carico della collettività, già oggi in vigore per alcune categorie disagiate. Per tutti gli altri, la fine di Quota 100 significa il ritorno alla riforma di Elsa Fornero.

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