Il Pd punta su una toga per fare pace coi grillini. E ora in pista per Bari c'è l'ex giudice Colaianni

Per giorni e giorni, a Bari, si è sfogliata la margherita delle toghe

Il Pd punta su una toga per fare pace coi grillini. E ora in pista per Bari c'è l'ex giudice Colaianni
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Per giorni e giorni, a Bari, si è sfogliata la margherita delle toghe. Alla fine, pare, è saltata fuori quella giusta, quella che può realizzare il sogno del Pd: ributtarsi tra le braccia di Giuseppe Conte, dopo le liti, i tradimenti e i maltrattamenti dell'ultima settimana.

Il Pd dunque è pronto a licenziare il proprio candidato (fino a ieri orgogliosamente riconfermato) Vito Leccese, archiviando la stagione Decaro, e a offrire come pegno d'amore a Conte un magistrato su cui convergere: Nicola Colaianni, 79 anni. Ne erano stati sciorinati numerosi, nell'ultima settimana: dal presenzialista tv Gianrico Carofiglio, pm riconvertito in giallista e sempre con un libro da promuovere, alla ex procuratrice Annamaria Tosto (che però ha la pecca di aver accettato un prestigioso incarico da Michele Emiliano alla guida della Apulia Film Commission) al di lei marito Pietro Curzio, presidente di sezione alla Cassazione. Poi Nichi Vendola, vero deus ex machina della ricucitura del campo largo barese, ha tirato fuori dal cappello la toga giusta: Colaianni è magistrato, ex parlamentare Pds nell'epoca in cui ogni scelta pugliese passava per Massimo D'Alema (del resto anche Emiliano fu scelto dal premier coi baffi, e Conte continua a farsi consigliare da lui, e han radici dalemiane molti big, indagati e non, del Pd locale), editorialista di Repubblica. Ma ha anche il pregio di avere avuto il timbro 5S, nel 2014, come candidato al Csm.

Il Pd scalpita per investirlo, il M5s ha dato il suo magnanimo avallo, ora tutto è nelle mani di Michele Laforgia, il penalista molto di sinistra, difensore di gran parte degli indagati del giro Emiliano, che ieri ha fatto sapere di considerare Colaianni un candidato più che dignitoso, ma spiega di aver «rimesso la decisione» ai propri supporter, convocati in assemblea. Laforgia, spiega chi lo conosce, tiene moltissimo a fare il sindaco di Bari, ma non vuole addosso il marchio del «candidato grillino» nè di colui che impedisce la ricostituzione del miracoloso «campo largo». «Vuol vedere cosa gli si offre in cambio del ritiro», dicono i dem.

Il copione Pd-M5s ricorda quello degli «amori tossici», con la moglie che torna sempre dal marito manesco che promette di non farle più gli occhi neri. Il «campo largo», che proprio in Puglia ha visto la sua prima, caleidoscopica, populistissima sperimentazione (con ottimi risultati: il fallimento di Ilva, la diffusione capillare della xylella, la lotta senza quartiere alla Tap e alle «trivelle», i rapporti preferenziali con le dittature di Putin e di Xi) è un'attrazione fatale e irrinunciabile. Schlein è convinta che sia il suo unico biglietto per approdare a Palazzo Chigi, Conte è convinto che sia l'unico trampolino a sua disposizione - al momento - per ritornarci, entrambi vogliono fare i conti alle Europee.

Resta aperto anche il capitolo Puglia: «Se mi fate la guerra qui cade tutto», ha ricordato Emiliano (nella foto) alla Schlein che - in concorrenza con Conte - gli chiedeva un «radicale cambio di marcia». E Elly certo non si può permettere di far saltare la giunta pugliese e di ritrovarsi con elezioni anticipate in regione. Anche perchè l'adorato Conte ha già in tasca un accordo con Emiliano per accaparrarsi il prossimo candidato governatore col suo avallo: tra i nomi che circolano, quello del fedelissimo di Giuseppi Mario Turco, al suo fianco anche alla conferenza stampa di giovedì, durante la quale il capo grillino ha per l'appunto fatto un paio di occhi neri ai dem.

Quindi Schlein tuona contro il Gran Cacicco pugliese ma non può mordere più di tanto: le sarebbe piaciuto dare un segnale volitivo commissariando il Pd regionale (che ovviamente è tutto a misura e somiglianza di Emiliano) ma non ha potuto, ora spera almeno in un rimpastone. Si vedrà.

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