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Il Pd tira un sospiro di sollievo. E Zingaretti resta in sella

Il segretario esulta: «È la prima vera batosta per Salvini. Giusta la linea di non conflittualità col M5s»

Il Pd tira un sospiro di sollievo. E Zingaretti resta in sella

A ppesi agli exit poll, alle telefonate degli emiliani, alle voci dal quartier generale dei nemici, agli scambi frenetici di WhatApp con i sondaggisti. Una giornata al cardiopalmo per il segretario dem e il suo stato maggiore, che in Emilia Romagna si giocavano il futuro politico. Una giornata iniziata nel pessimismo più nero, e finita in un primo, liberatorio sospiro di sollievo.

«Sta cambiando il vento, se va così è la prima vera batosta per Salvini», è il grido di esultanza di Nicola Zingaretti a tarda sera. Solo qualche mese fa, una sconfitta in Emilia Romagna sembrava fantapolitica. Ma il leader della Lega ha trasformato le elezioni regionali in una sfida nazionale, un referendum contro il governo (piuttosto facile, a dire il vero) e sul proprio nome. E l'ondata sembrava di giorno in giorno più inarrestabile: «Abbiamo governato bene, e tutti ce lo riconoscono. Ma se diventa una partita politica nazionale, un plebiscito pro o contro questo governo, rischiamo di restare travolti», era l'allarme che Stefano Bonaccini lanciava da Bologna.

Alla fine, la linea «regionale» del governatore si è rivelata la chiave vincente: farsi vedere il meno possibile accanto agli esponenti nazionali del partito, evitare il coinvolgimento del governo, tenersi alla larga da Conte e dalla sua corte. Puntare tutto sui suoi risultati, difficilmente discutibili. Ora sulla sua vittoria, delineata dai primi exit poll, salterà ovviamente tutto il Pd, per non parlare di Conte e ovviamente delle Sardine. Anche se un importante ministro dem avverte: «Moderiamo gli entusiasmi: l'Emilia Romagna è fondamentale, certo, ma il 2020 ci porterà anche una serie di sconfitte assai probabili: la Puglia, la Campania, forse persino la Toscana...». Una prospettiva fosca, che ieri sera però nessuno al Nazareno aveva voglia di guardare: «Mi hanno accusato di essere subalterno al Movimento 5 stelle, ma quello che sta succedendo dimostra che non è cosi», ragionava ieri sera Zingaretti con i suoi. «Stiamo cambiando gli scenari e riorganizzando le forze. Salvini ha perso. Ora noi possiamo andare avanti con il nostro obiettivo, che è quello di costruire un campo democratico largo: e i grillini questa volta, se vogliono continuare a stare sulla scena, saranno interessati a questo percorso. Che è l'unico per poter vincere contro le destre».

Per il segretario dem la vittoria in Emilia era la condizione indispensabile per restare in sella. Non che il Pd si preparasse a farlo saltare subito in caso di sconfitta: anzi, i big dello stato maggiore erano già pronti a respingere le sue eventuali dimissioni, per tenerlo al suo posto, sia pur indebolito, ed evitare ulteriori sconquassi al governo e alla legislatura. Ora Zingaretti pregusta la vittoria, e pensa ad un congresso «vero», in autunno, per rafforzare la propria leadership e provare ad emanciparsi dall'eccessivo condizionamento dei capicorrente: un sogno che molti, prima di lui, hanno coltivato. «Devi farti riconfermare nel momento in cui sei più forte», è il suggerimento di Goffredo Bettini. Si vedrà: nel Pd c'è già chi vede nello stesso Bonaccini, vincente contro le aspettative, un potenziale leader nazionale per il futuro. Ma per Zingaretti il risultato «è la dimostrazione che la linea di lealtà al governo e di non conflittualità con i grillini era giusta», dice. A gongolare, nel frattempo, è Conte: «Ora nessuno potrà mettere in discussione il mio governo», dice fregandosi le mani.

Anche se la batosta dei Cinque Stelle prefigura nuove convulsioni da quelle parti.

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