Pensioni, accordo al ribasso Gioco delle tre carte sul Def

Poletti convince i sindacati: 6 miliardi in tre anni per la riforma. Ma l'anno prossimo meno risorse del previsto

Pensioni, accordo al ribasso Gioco delle tre carte sul Def

Sisma, emergenza migranti e crescita piatta. Sono queste le tre carte che calerà il governo Renzi nella partita che si giocherà in Europa sulle nuove deroghe al patto di Stabilità. Sono queste le emergenze cui si richiamerà per ottenere più margini possibili di manovra: la stima è che punti a 10 miliardi, con quello 0,4% di deficit aggiuntivo per il 2017 messo nero su bianco nella nota di aggiornamento al Def. Se da Bruxelles non traspare alcuna volontà punitiva nei confronti dell'Italia, è anche vero che avanzano i sospetti sul gioco che sta facendo il governo. Anche qui vale la metafora delle tre carte.

«La volontà del governo è quella di rendere disponibili 6 miliardi di euro in tre anni ma, viste le risorse disponibili, abbiamo una distribuzione che parte da un livello più basso e cresce man mano». Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha esplicitato in maniera chiara la tesi al termine dell'incontro sulle pensioni con i sindacati. L'anno prossimo le risorse per il pacchetto previdenza saranno più contenute del previsto. Che del resto per il dossier pensioni, nel 2017, lo stanziamento iniziale di 2 miliardi fosse sceso a 1,5 miliardi di euro (se non meno) è apparso chiaro negli ultimi giorni. Il vertice con i sindacati non si è concluso con un accordo ma con un verbale. E riguarda le misure su cui c'è stata convergenza, cioè la no tax area per i pensionati a 8.125 euro, l'aumento della quattordicesima e l'estensione della platea a 1,2 milioni di pensionati in più, il cumulo gratuito dei periodi contributivi, le misure su precoci e usuranti e l'Ape. Ma molti sono ancora gli aspetti da chiarire.

Che la strada nella manovra d'autunno sia stretta per il governo è quanto mai evidente. Altre misure sono destinate a rimanere congelate o a saltare. La proroga della decontribuzione sui contratti dei neoassunti a tempo indeterminato, che ha «gonfiato» solo inizialmente i dati sull'occupazione, potrebbe essere limitata ai giovani oppure al Sud. Per non parlare del taglio Irpef. L'ambizioso progetto resta in agenda ma se ne riparlerà nel 2018. Potrebbe entrare solo a titolo programmatico nella prossima legge di Bilancio. Eppure il governo non molla. Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, si è detto pronto con la manovra a sostenere la crescita «concentrando le risorse su sostegno alle imprese, agli investimenti pubblici, a quelli privati, alla produttività, con risorse disponibili anche per le fasce più deboli di reddito». Occorrerà trovare le risorse però. Se la prossima legge di Bilancio dovesse comprendere un menù sui 25 miliardi di euro, vale la pena ricordare che buona parte è già ipotecata dalla sterilizzazione delle clausole di salvaguardia che pesano per oltre 15 miliardi di euro.

Per la voce entrate si fa riferimento a misure di contrasto all'evasione, a una nuova edizione della voluntary disclosure e alla spending review. Per un totale di circa dieci miliardi di euro. Per quanto riguarda la partita che si gioca fuori casa, l'Europa sta a guardare e rinvia alla presentazione della legge di Bilancio. Di cui si attende una sintesi entro la metà del mese prossimo.

La Commissione europea «aspetta la presentazione del progetto di bilancio 2017 per poterlo valutare», ha indicato la portavoce degli Affari economici della Commissione europea, Annika Breidthardt, aggiungendo che «fino ad allora non abbiamo commenti sulle cifre riguardanti l'Italia come su quelle degli altri Stati membri della zona euro». È un po' di tempo guadagnato in chiave referendum. «Rispetteremo le regole», ha detto Padoan. Renzi, ovviamente, permettendo.

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