Ufficialmente nessuna smentita, ma solo perché il ministero dell'Economia non lo fa quasi mai. Ufficiosamente da Palazzo Chigi e dal dicastero di via XX settembre dicono che non è vero quello che si dice da giorni: non ci sono tensioni tra il premier Matteo Renzi e il ministro Pier Carlo Padoan. Sulla stessa frequenza il ministero del Lavoro, che smentisce difficoltà dietro il secondo rinvio di seguito dell'incontro con i sindacati sulle pensioni. Era in programma oggi, slitta a domani proprio per aspettare il via libera della nota di aggiornamento del Def, che era attesa al consiglio dei ministri di ieri ed è stata riprogrammata a oggi.
Il leitmotiv per quanto riguarda i rapporti Economia-presidenza del Consiglio è: stanno condividendo i criteri e i contenuti del Def. Valutazioni tecniche e politiche vanno a braccetto, se ci sono divisioni sono solo per i diversi ruoli, nessuna frizione.
Ma è difficile dare credito a rassicurazioni di questo tipo, in primo luogo perché la stesura di un Def (il documento di economia e finanza) con revisioni degli indicatori tutte negative non può essere tranquilla. In secondo luogo perché il documento cade alla vigilia di una sessione di bilancio difficilissima per il governo. A Bruxelles stanno prevalendo le ragioni di chi non vuole farci sconti. Sul deficit qualcosa otterremo, sul debito la Commissione Ue pretende che l'Italia recuperi il tempo perso.
In terzo luogo, le «valutazioni politiche» del governo in questi ultimi mesi, sono concentrate sul referendum e sulla necessità di varare solo misure popolari. Priorità incompatibile con la tenuta dei conti pubblici. Il premier, insomma, oltre a una legge di Bilancio favorevole al referendum, vuole un Def elettorale.
Inevitabile quindi un tiro alla fune tra Palazzo Chigi e via XX settembre e infatti, spiegano insider del dicastero, le tensioni ci sono state ed è per questo che l'approvazione della nota di aggiornamento al Def è stata rinviata a oggi. Il problema è la previsione del debito pubblico. Poi la limatura della crescita per quest'anno e per quello successivo. Palazzo Chigi spinge per ottenere una crescita programmatica, cioè comprensiva degli effetti delle riforme, più alta di quella uscita dagli uffici del ministero. Alla fine potrebbe spuntarla Padoan. D'altro canto, spiegava un dirigente del dicastero dell'Economia, il Def viene da un modello di simulazione, non è il risultato di una contrattazione.
Difficoltà anche dietro il secondo rinvio di fila dell'incontro governo sindacati sulle pensioni. L'appuntamento più importante per l'Ape, la sperimentazione dell'anticipo pensionistico, era in programma per il 22 settembre, poi è slittato e oggi e ieri è stato posticipato di un giorno. Dettaglio insignificante? Una decisione «concordata» con i sindacati, spiegavano ieri dal ministero del Lavoro. Giuliano Poletti, il sottosegretario alla Presidenza Tommaso Nannicini, e i segretari di Cgil, Cisl e Uil sono d'accordo.
Il fatto è che il governo si sta preparando ad accontentare i sindacati su più fronti. La platea di quelli che avranno accesso alla cosiddetta Ape sociale, cioè la pensione anticipata senza costi, sarà ampliata agendo sull'importo massimo delle pensioni delle categorie protette. Da 1.500 a circa 1.650. Poi i lavoratori precoci, con una diminuzione degli anni minimi di contributi necessari al ritiro.
Costo, più di
2,5 miliardi nel triennio, confermavano ieri fonti sindacali. Stanziamento imprescindibile per Renzi che conta molto sull'appoggio di Cgil, Cisl e Uil nel referendum. Difficile da digerire per il ministero dell'Economia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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