Politica

Una persecuzione che uccide la giustizia

Il processo Ruby ter è soprattutto la conferma della degenerazione subita dalla giustizia italiana a causa della proliferazione del germe del pregiudizio politico

Una persecuzione che uccide la giustizia

Non è solo un'ennesima dimostrazione di persecuzione giudiziaria il rinvio a giudizio per Silvio Berlusconi e altri 31 imputati nel processo Ruby ter. È anche e soprattutto la conferma della degenerazione subita dalla giustizia italiana a causa della proliferazione, nel corpo del sistema giudiziario nazionale, del germe del pregiudizio politico.

Silvio Berlusconi non passerà alla storia solo come il leader che ha dominato la scena pubblica italiana per più di vent'anni mettendo fine a quella egemonia politica e culturale della sinistra marxista che aveva padroneggiato nel ventennio precedente. Lo farà anche come esempio imperituro di perseguitato per due decenni dal fenomeno dell'uso politico della giustizia. Quando si potrà abbandonare la cronaca contingente piena di opposte tensioni e si potrà passare a una ricostruzione storica meno passionale e più oggettiva, si arriverà inevitabilmente a disegnare Berlusconi come il personaggio politico che ha segnato in maniera indelebile la memoria di una fase del paese pur essendo stato l'uomo più perseguito (equivale a perseguitato) penalmente della storia dello stato unitario.

Dal 1861 a oggi i personaggi storici implicati in vicende giudiziarie sono sicuramente numerosi e vanno da Crispi e Giolitti dell'Italia liberale ad Andreotti e Craxi dell'Italia repubblicana. Ma, anche se il modello di persecuzione applicato al Cavaliere era stato anticipato proprio contro Andreotti e Craxi, è fuori di dubbio che il record di avere subito procedimenti giudiziari segnati dal pregiudizio politico per vent'anni di seguito vada assolutamente attribuito a Berlusconi. Il riconoscimento di questo record persecutorio avrà come doppio effetto non solo la riconsiderazione del ruolo svolto dal leader del fronte antagonista della sinistra ma anche la spiegazione storicamente più convincente del perché l'avvio del terzo millennio italiano sia stato segnato dalla sfiducia dell'intera opinione pubblica italiana in una giustizia considerata inguaribilmente incistata dal pregiudizio politico.

È impossibile prevedere quale potranno essere gli esiti degli ultimi procedimenti giudiziari avviati contro il personaggio più rappresentativo del centrodestra. Ma è certo che questa valanga persecutoria sia destinata ad avere come doppio effetto quello di rilanciare agli occhi di una larga parte del paese il ruolo politico della vittima dell'uso politico della giustizia e quello di accentuare nell'opinione pubblica la sfiducia di una giustizia distorta che, come ha colpito Berlusconi, può colpire chiunque per pregiudizio ideologico o per prevenzione moralistica.

I persecutori, dunque, nel colpire il Cavaliere danneggiano la giustizia, se stessi e l'intero paese. Non è forse arrivato il momento di cambiare questa storia?Arturo Diaconale

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