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Persino il Papa cancella il "reddito"

Eravamo additati come affamatori del popolo, noi che ci battiamo contro il reddito di cittadinanza, e adesso ci ritroviamo bergogliani.

Persino il Papa cancella il "reddito"

Eravamo additati come affamatori del popolo, noi che ci battiamo contro il reddito di cittadinanza, e adesso ci ritroviamo bergogliani. Com'è possibile? Il mondo non vuole saperne di stare fermo e ieri è successo che Papa Francesco, di solito parecchio statalista (ma non è il momento di rivangare), rivolgendosi ai membri della Fondazione Centesimus Annus se ne è uscito con un'affermazione inattesa: «La povertà non si combatte con l'assistenzialismo». Queste parole mi sarebbe piaciuto sentirle nel settembre 2018, al tempo del Conte I, quando Di Maio dopo il sì governativo al megasussidio scassaconti esultava dal balcone di Palazzo Chigi e diceva di avere abolito la povertà. Qualcosa dev'essere andato storto se quattro anni dopo il Papa ricorda che la povertà non si è estinta affatto e che questo genere di provvedimenti «la anestetizza e non la combatte». Come dire che il reddito famigerato rappresenta una droga anziché un farmaco. All'udienza della Centesimus Annus ha pronunciato altre sante parole il Santo Padre: «Il lavoro è la porta della dignità». Insomma il lavoro nobilita l'uomo, come si diceva un tempo e come si dovrebbe tornare a dire. E se il lavoro nobilita è ovvio che il non lavoro abbassi, svilisca. Andatelo a spiegare a Giuseppe Conte che ha costruito sull'ozio, padre dei vizi secondo un'altra insuperata formula di saggezza, il proprio tesoretto elettorale... «Aiutare i poveri con il denaro dev'essere sempre un rimedio provvisorio» ha ribadito il Sommo Pontefice, mentre per questi politici assistenzialisti il reddito di cittadinanza è diventato una vacca (da mungere) sacra, qualcosa di inviolabile («Chi pensa di toccarlo dovrà fare i conti con noi»), e minacciano «opposizione durissima» a chi vorrebbe ristabilire un minimo di giustizia togliendo loro il primo e unico motivo per votarli.

Dico giustizia e intendo giustizia fiscale perché il reddito di cittadinanza significa tasse e altre tasse pagate innanzitutto da coloro che, invece di poltrire sul divano, per guadagnarsi da vivere si alzano ogni mattina se non, in certi faticosi casi, ogni notte. Che un camionista sessantenne si faccia ogni giorno centinaia di chilometri di autostrade intasate e provinciali dissestate per mantenere a casa di mamma un trentenne abile e arruolabile io lo trovo semplicemente immorale, e immagino anche il Papa. Che poi il reddito di cittadinanza è intollerabile perfino dal punto di vista biblico. È scritto in Genesi 3,19: «Con il sudore del tuo volto mangerai il pane».

Con il sudore tuo, non con quello del povero contribuente.

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