Saranno pure diverse da quelli che li hanno preceduti, ma le sardine, sotto i riflettori in queste ore, sembrano riproporre asimmetrie già viste infinite volte. Non si tratta solo di riproporre i vecchi riti e le solite scenografie: le vestali dell'antifascismo militante e i sacri paramenti dei sommi sacerdoti dell' Anpi, i Flores d'Arcais e gli Erri De Luca pronti a marcare il territorio e tutto il resto. Non è solo la coreografia e nemmeno la colonna sonora che profuma di vintage. C'è qualcosa di più profondo che stride e mette a disagio: lo strabismo di chi guarda sempre e solo dalla stessa parte. Si dice e ripete che le sardine vogliono lanciare un messaggio alla politica tutta intera, perché i toni urlati e gli slogan affilati come lame hanno fatto il loro tempo. Perché è arrivato i momento di diradare il frastuono di fondo e girare la manopola dei decibel. Perché infine la politica intinta nell'inchiostro nero dell'odio, delle divisioni, delle polarizzazioni manichee ha slabbrato il tessuto sociale, ha travolto gli argini della società, mette a rischio la convivenza civile. Come si fa a non essere d'accordo con questo programma, ma poi le cento piazze si susseguono senza soluzione di continuità indicando sempre e solo lo stesso nemico: Matteo Salvini. Qualcosa non quadra. Si attacca il populismo di destra, ma non si dice nemmeno una parola sui chicchi di risentimento che un altro populismo, quello di marca grillina, ha sparso come manna sul Paese. Niente contro la cultura del vaffa, accettata come fosse il galateo di monsignor Della Casa, niente contro le liste di proscrizione, la divisione fra buoni e cattivi, il giustizialismo feroce e manettaro, le gogne continue in nome di una presunta purezza. Il nemico è sempre e solo il leader del Carroccio. È lui l'obiettivo di tutte le mobilitazioni, le invettive e le adunate. Contro gli istigatori a 5 Stelle solo silenzi e omissioni. Anche se questi stanno al governo e non all'opposizione come Salvini. Le critiche volano come freccette sempre contro lo stesso bersaglio, gli altri non hanno la macchia del peccato originale, anche se hanno la responsabilità di aver fatto tracimare quel fiume zeppo di veleni e di miasmi che è la rete. E hanno coltivato la cultura del sospetto, del pregiudizio, della rottamazione più darwiniana. La violenza, secondo le sardine, abita tutta da una parte, come nelle favole dove c'è il lupo cattivo e gli altri sono innocenti.
E allora viene il dubbio che questo strabismo sia interessato e frutto di un calcolo: nell'arrembaggio finale al voto di una regione decisiva come l'Emilia molti elettori in uscita dal fortino ormai sguarnito dei 5 Stelle potrebbero tornare, grazie ai pesciolini che nuotano sempre nella stessa direzione, verso la casa madre del Pd, abbandonata a suo tempo.
È presto per affrettare conclusioni, ma se cosi fosse le sardine avrebbero barattato per un piatto di lenticchie l'ambizione di fondo, declinata fra un comizio e l'altro. Vincerebbe il pallottoliere, svanirebbe il sogno di una politica più adeguata ai tempi difficili che stiamo vivendo.
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