Più difficile tagliare le tasse dopo il diktat di Ventotene

Renzi nei guai dopo lo stop tedesco sulla flessibilità

Più difficile tagliare le tasse dopo il diktat di Ventotene

Costretti a seguire alla lettera la ricetta di Bruxelles e a camuffare il più possibile scelte che potrebbero urtare la sensibilità della Commissione europea e dell'Ecofin. Ad esempio tagli alle tasse o ritocchi vistosi alle pensioni. Il vertice di Ventotene tra Angela Merkel, François Hollande e Matteo Renzi non ha dato il risultato atteso sul fronte dei conti italiani. Aperture di facciata, ma il messaggio del cancelliere tedesco è stato chiaro: valgono le regole europee in vigore, anche per riconoscere altra flessibilità. Il premier e il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan hanno incassato la mezza sconfitta e già da ieri si sono intensificati i contatti tra via XX settembre e Bruxelles per definire i confini entro i quali si potrà muovere l'Italia.
I binari per ottenere il permesso di sforare il deficit sono sempre due: riforme e eventi eccezionali. Già per quest'anno abbiamo ottenuto uno scostamento dello 0,65% e difficilmente ci verrà riconosciuta l'attenuante della Brexit come evento eccezionale. Il permesso di sforare per fare fronte alle crisi economiche inattese vale solo un anno.

Restano quindi le riforme. E non a caso tutti gli esponenti del governo continuano a ripetere che sarà proprio un rilancio delle riforme la caratteristica principale della prossima Stabilità. L'enfasi messa sulla competitività e l'annuncio di misure a favore delle imprese nascono proprio dalla trattativa con l'Europa. Il governo punta molto sugli incentivi alla produttività. A introdurli fu il governo Berlusconi. Il governo Renzi li ha ripresi, prevedendo una tassazione agevolata al 10% per i premi di produttività fino a 2.000 euro. Ora pensa di raddoppiare questa soglia, si pensa a 3/4.000 euro coinvolgendo anche i dirigenti non apicali del privato. Poi l'ammortamento per le imprese che investono in beni strumentali, con particolare attenzione a quelli digitali, incentivi alla ricerca attraverso il credito di imposta. Sul fronte degli investimenti, c'è il piano Delrio con l'accelerazione sulle grandi opere e la garanzia sull'erogazione dei finanziamenti. In realtà la riedizioni di strumenti che già esistono, che il governo dovrà fare passare come riforme innovative.

Per farlo, l'esecutivo dovrà sacrificare qualcosa e non potranno che essere le misure «sociali». Sul fronte delle pensioni il governo sta lavorando all'innalzamento delle minime e all'allargamento della no tax area, che costerà 260 milioni. Cancellato l'anticipo della riforma dell'Irpef, che doveva essere un punto forte della legge di stabilità. Il taglio di un punto delle aliquote al 27% e al 38% sarebbe costato tre miliardi. Impossibile fare passare una misura del genere all'Ecofin. La Germania è alle prese con elezioni difficili e per nulla disposta a dare segnali di cedimento. Le indicazioni dell'Europa sono chiare e, in casi estremi, Bruxelles è pronta a ritirare fuori le raccomandazioni per l'Italia, che prevedono un inasprimento della pressione fiscale, sui consumi e sulle proprietà immobiliari. Il governo è sotto pressione su più fronti e la casa è un capitolo delicato.

«La proprietà immobiliare necessita di interventi incisivi», ha avvertito ieri il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, che chiede la «detassazione degli immobili commerciali locati» la «deduzione dei redditi da locazione» e «l'eliminazione dall'Irpef degli immobili non locati».

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