Si complica ulteriormente la situazione nelle acque di Cipro, dove navi da guerra inviate dalla Turchia impediscono dallo scorso 9 febbraio a una piattaforma mobile dell'Eni di raggiungere un punto all'interno della Zona economica esclusiva cipriota dove doveva svolgere attività di perforazione alla ricerca di gas naturale. Ankara ha infatti annunciato l'estensione fino al 10 marzo del blocco navale che avrebbe dovuto concludersi domani, giustificandolo come già in precedenza con lo svolgimento in quell'area (che a norma di diritto internazionale appartiene alla Repubblica di Cipro, Stato sovrano che è anche membro dell'Unione Europea) di manovre militari.
La stampa cipriota evidenzia che questa decisione della Turchia porterà come inevitabile conseguenza un ulteriore grave danno economico per l'Eni, che perde ogni giorno 600mila dollari per il mancato impiego della piattaforma Saipem 12000.
Nicosia accusa esplicitamente Ankara di utilizzare queste manovre come un pretesto per ostacolare l'attività estrattiva del gas nelle sue acque. Erdogan, infatti, punta a mettere le mani sui ricchi giacimenti al largo di Cipro sostenendo che la comunità turca è (sic) «comproprietaria dell'isola». Peccato che da ormai 44 anni Cipro sia divisa in una zona greca (la Repubblica di Cipro riconosciuta dalla comunità internazionale e membro dell'Ue) e una turca, che nel 1983 ha proclamato la propria sovranità diventando Repubblica Turca di Cipro Nord, che peraltro solo Ankara riconosce.
Le acque in cui Eni svolge le sue ricerche non hanno nulla a che vedere con la «Repubblica turca», ma ciò nonostante Erdogan pretende di affermare un presunto diritto su di esse. La questione sta diventando delicata: l'Ue ha fin qui usato la diplomazia cercando di ottenere il rispetto della legge internazionale e quindi i diritti delle compagnie estrattive, ma il risultato non si è visto, anzi Erdogan si è fatto ancor più arrogante.
Ieri sera il governo cipriota si è riunito d'urgenza per valutare il da farsi, dopo che il presidente
Anastasiades aveva telefonato al principale alleato di Nicosia, il leader greco Tsipras. Ma è chiaro che nessuno vuol rischiare di riaccendere il pericoloso conflitto greco-turco a Cipro. E Erdogan naturalmente ci conta.
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