la polemica su diritti e doveri dei lavoratori

di Caro direttore!

Polemizzare con Vittorio Feltri è un'esperienza elettrizzante. Lui sbaglia, ma mena così bene che è quasi un piacere subire qualche colpo. Peccato che qualche sua botta finisca in testa alla verità. È il caso di quanto ha scritto in prima e, peggio, in seconda battuta sulle sorgenti ideologiche e storiche dello Statuto dei lavoratori e sul suo ispiratore Giacomo Brodolini.

Lo Statuto dei lavoratori non uccise il boom economico, come sostiene Feltri: in realtà esso era già morto, ed erano spenti da un bel po' anche i lumini votivi sulla sua tomba. Lo avevano ammazzato, oltre che la congiuntura internazionale, i conflitti politico-sindacali insorti dal '67. Lo Statuto dei lavoratori fu un grande esempio di riformismo socialdemocratico e di pacificazione, salutato positivamente proprio dagli ambienti industriali, poiché dava regole in un tempo di anarchia violenta. Era un compromesso nel campo delle relazioni industriali, certo figlio del suo tempo. Non deve essere tanto illiberale se, come ricordava ieri Il Fatto , fu elogiato e votato da Giovanni Malagodi, che apprezzava il whisky ma sentiva l'alito della vodka a cento chilometri di distanza. Dunque fa ridere ed è offensivo accusare Brodolini di essere stato padre dei nostri disastri economici per infatuazione dei soviet.

Certo, va riscritto, lo Statuto dei lavoratori. Chiamiamolo «del lavoro». Includiamo tra i lavoratori gli imprenditori, che hanno diritti pure loro. Il riformismo – lo dice la parola stessa – consiste nel riformare quello che non è più consono alla crescita di un Paese. La colpa è di chi non ha saputo riformare le riforme di Brodolini. A differenza di Gesù, Brodolini non ha mai detto: io sono la via, la verità e la vita; e il suo Statuto non è mica il Vangelo o un Totem, come invece fece la sinistra sindacal-comunista con l'art. 18. Per questo non essendo Dio si può lodare il suo metodo riformista, e utilizzarlo per cambiare.

Insomma né «sbronza comunista» né «nuvole rosse», semmai c'è Toro seduto, molto seduto sui luoghi comuni.

Del resto, quasi mai i grandi giornalisti sono grandi in qualche altra cosa oltre il loro mestiere, di solito non sanno nulla, però di tutto. Nel caso del maestro Feltri idem. Ma lo sa dire maledettamente bene. Chapeau !

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