Cronache

I buonisti vogliono cancellare gli attentati islamici e jihadisti

La polizia inglese sta valutando di bandire l'utilizzo dei termini islamista e jihadista per descrivere le violenze perpetrate da terroristi che compiono le loro atrocità nel nome dell'islam

I buonisti vogliono cancellare gli attentati islamici e jihadisti

La polizia inglese sta valutando di bandire l'utilizzo dei termini islamista e jihadista per descrivere le violenze perpetrate da terroristi che compiono le loro atrocità nel nome dell'islam. A rivelarlo, in un articolo di ieri, è stato il Times che ha riferito di un incontro online presieduto da Neil Basu, responsabile nazionale della polizia antiterrorismo, cui hanno partecipato anche parenti delle vittime di attacchi terroristici, sopravvissuti, accademici. Un numeroso gruppo di lavoro riunitosi su istanza dell'Associazione Nazionale della Polizia Musulmana, che raccoglie circa 3000 poliziotti inglesi di fede islamica e il cui rappresentante Alexander Gent ha invitato ad abbandonare i due termini perché «non aiutano le relazioni comunitarie e la fiducia del pubblico». In alternativa si potrebbe usare la parola araba Irhabi, che è usata nel Medioriente per indicare il terrorista ed è scevra da ogni connotazione religiosa, o espressioni quali «terrorismo di matrice religiosa» o «aderenti all'ideologia di Bin Laden». Nell'incontro si è discusso anche di abbandonare locuzioni quali terrorismo di «estrema destra» e «relativo all'Irlanda del Nord», sempre nel tentativo di non discriminare intere comunità e favorire l'inclusione.

L'esperto di terrorismo Liam Duffy scrive sullo Spectator di aver partecipato all'incontro dicendosi rammaricato che «l'uso del termine islamismo sia stato inquadrato nell'attuale dibattito sulla razza». Confondendo i piani e rendendo più difficile una discussione libera da quei pregiudizi e luoghi comuni che la polizia si propone di combattere. Il punto che la proposta di revisione linguistica sembra disconoscere è che sono proprio gli stessi terroristi a definirsi islamisti, cioè di puntare a uno stato islamico imperniato su un'ideologia politica e sociale di matrice islamica.

Si può discutere se uno stato islamico possa essere compatibile con la democrazia e lo stato di diritto occidentale, si può dibattere se l'Isis e prima ancora Al-Qaeda perseguissero uno stato islamico perverso, basato su una lettura fallace dei precetti coranici, ma dal punto di vista dei terroristi quello che stavano cercando di ottenere, per cui combattevano e ammazzavano e si immolavano, era un legittimo stato islamico. «Siamo contenti quando discutete se chiamarci Daesh, Isil o Isis. Finché parlate di questo e non di teologia, politica o operazioni militari, sappiamo che non ci state prendendo sul serio». Le parole ricordate da Duffy sono quelle di un favoreggiatore dello Stato Islamico, raccolte dal giornalista Graeme Wood, nel libro The Way of the Strangers: Encounters with the Islamic State. Negare attraverso un atto autoregolamentativo come quello discusso (ma non ancora approvato) dalla polizia inglese l'esistenza della piaga terroristica di matrice islamista non significa risolvere il problema, anche a volersi proclamare convinti nominalisti.

E c'è di più: secondo il centro studi Quilliam, citato dal Times, raccontare una verità parziale, edulcorata, rischia anche di sfilacciare il rapporto di fiducia tra polizia e cittadini.

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