Centesimo dopo centesimo i salvadanai delle famiglie italiane sono diventati, nel complesso, come il deposito di Zio Paperone dove entrano i risparmi e non esce neppure un euro. La recessione infinita ha trasformato anche le più ostinate cicale in formichine che, temendo ulteriori crisi e contraccolpi di mercato, non si azzarda a spendere preferendo tenere contante pronto per ogni evenienza. E tuttalpiù provare ad accrescere ulteriormente i risparmi investimento in fondi e azioni.
Tra investimenti, fondi e depositi (e senza considerare quindi i soldi nascosti sotto il materasso o nelle cassette di sicurezza) in banche le famiglie italiane hanno accumulato un patrimonio di oltre 4.400 miliardi di euro: una cifra raddoppiata negli ultimi vent'anni, dal 1998. E che, tra l'altro, è quasi pari al doppio del debito pubblico italiano (2.327 miliardi secondo i dati più recenti rilevati dal Bollettino Statistico di Bankitalia).
Lo evidenzia uno studio della Fabi, il sindacato dei bancari, che ha preso in esame l'evoluzione dei dati forniti da Bankitalia. In questo contesto, la Federazione autonoma dei bancari italiani, dopo aver evidenziato «l'enorme capacità di accumulare risorse da parte dei cittadini» mette in guardia dell'evoluzione tecnologica del fintech: «Attenzione a lasciare tutto il patrimonio finanziario degli italiani in mano ai robot e all'intelligenza artificiale».
A fronte dell'esplosione della ricchezza finanziaria registrata dal 1998 ad oggi, il patrimonio non finanziario detenuto dalle famiglie italiane ha preso una direzione opposta: dal 2011 si è infatti registrato un leggero ma costante declino (-1,4% all'anno circa secondo l'Istat) a causa della crisi del settore immobiliare. Dei 4.600 miliardi che costituiscono, secondo l'Istat, l'altro caposaldo della ricchezza delle famiglie, oltre l'80% deriva infatti dalle abitazioni in proprietà che, nonostante tutto, dal 2001 al 2016 mantengono una rivalutazione del 76 per cento.
Più in dettaglio, a trainare la crescita della ricchezza finanziaria sono stati l'accumulo di liquidità (916 miliardi, un dato quasi triplicato rispetto al '98), l'interesse per investimenti azionari (nei forzieri degli italiani sono custoditi titoli per oltre un trilione di euro dai 425 miliardi di vent'anni fa) e la crescente importanza della previdenza privata (polizze assicurative e fondi pensione superano il trilione rispetto ai 248mila miliardi del '98). Nel complesso le famiglie italiane si tengono a disposizione all'incirca un terzo della ricchezza (la liquidità rappresenta il 21% del patrimonio complessivo, a cui si aggiunge un altro 10% detenuto in depositi bancari) e investono su un futuro dai profili incerti il 22,9% delle risorse (nel 1998 solo il 5,9% della ricchezza era destinato a polizze o fondi pensione).
Gli investimenti azionari e in fondi comuni rappresentano rispettivamente il 23,8% e il 12,3% della ricchezza finanziaria. In declino gli investimenti obbligazionari pubblici e privati: oggi rappresentano solo il 6,7% rispetto al 10,8% di vent'anni fa e addirittura al 19,1% del 2008, a causa, secondo Fabi: dell'«abbandono verso forme pressoché tradizionali di investimento e dell'affievolirsi delle distonie informative tra le famiglie e gli intermediari finanziari.
Oggi poi, secondo il rapporto di Fabi, grazie la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane è pari a 3,01 volte il reddito disponibile rispetto alle 2,83 volte del 2014 ed è un valore più elevato rispetto alla media dell'Eurozona pari a 2,43. Gli italiani infine sono (privatamente) tra i meno indebitati al mondo: il rapporto tra la ricchezza finanziaria e mutui o altri finanziamenti contratti è pari 0,8, rispetto a una media europea di 1,06 volte.
Su quest'ultimo fronte l'Ufficio Studi della Cgia di Mestre ha calcolato (vedi articolo sotto, ndr) che dal 2014 a fine 2017 il debito delle famiglie verso gli istituti di credito è salito dell'8,2% e si è portato a 534 miliardi.
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