Poste ai privati, atto secondo Padoan cerca altri 2 miliardi

L'operazione rientra negli accordi con Bruxelles

Poste ai privati, atto secondo Padoan cerca altri 2 miliardi

Roma. Il Programma di stabilità dell'Italia, concordato con l'Ue, prevede privatizzazioni pari allo 0,5% del Pil (7,5-8 miliardi) da destinare alla riduzione del debito. Rinviata la quotazione delle Fs, a maggio si è pensato al collocamento di un altro 30% di Poste trasferendo contestualmente il 35% del Tesoro alla Cdp. «Non c'è alcuna svendita», ha cercato di rassicurare ieri i deputati il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, sottolineando che saranno mantenuti «i livelli occupazionali e il servizio universale» di consegna delle lettere.

Dall'immissione in Borsa della nuova tranche, ha aggiunto il ministro interpellato in Senato sulla stessa materia, si stima un incasso «di valore attorno ai 2 miliardi» al quale farà da contraltare la perdita di «più di 100 milioni in termini di dividendi». Il titolare del Tesoro non ha accolto «sportivamente» le sollecitazioni dei parlamentari e ha rimarcato che «si può questionare sul fatto che non ci piace perdere dividendi, ma è una valutazione che tiene conto di costi e opportunità». Insomma, la parola data a Bruxelles va mantenuta e quindi sì all'incasso straordinario che comporta la rinuncia a un flusso finanziario sicuro.

La presa della mano pubblica su Poste resterà inalterata: il 35% da conferire a Cassa depositi e Prestiti rappresenta una replica delle situazioni di Eni, Enel e Leonardo-Finmeccanica. «Lo Stato mantiene controllo e strategia e il management deve tradurla in pratica», ha rimarcato Padoan. Inoltre, la quota «che verrà conferita a Cdp non potrà essere ceduta né essere oggetto di alcuna disposizione da parte della Cassa senza il preventivo assenso del ministero che fornirà alla Cdp le istruzioni di voto in assemblea sia ordinaria sia straordinaria». Il limite alle partecipazioni individuali farà il resto, ha ricordato Padoan sottolineando che è vietato «a qualunque azionista che non sia lo Stato o Cdp esprimere in assemblea un voto superiore al 5%». Minimizzato anche il potenziale conflitto di interessi con la Cassa che tramite Poste fa raccolta con buoni fruttiferi e libretti di risparmio.

L'ad della società, Francesco Caio, ha puntualizzato che «non è nei piani del management uno spezzatino» del gestore del servizio postale. Al manager è toccato smentire rumor che si sono intensificati dopo l'avvio dell'operazione decisa dal Tesoro. La divisione finanziaria al cui interno operano BancoPosta e PosteVita, infatti, è la «gallina dalle uova d'oro» di piazza San Silvestro. I sindacati, soprattutto, temono che a un incremento della quota in mano ai privati corrisponda uno scorporo della parte più redditizia per accelerare la razionalizzazione del business tradizionale di consegna della corrispondenza che presenta criticità. «L'evoluzione della struttura azionaria non modifica il piano di Poste», ha sottolineato l'azienda al Senato.

Il servizio postale «è un elemento di forte perdita anche se ci siamo dati l'obiettivo, con la consegna a giorni alterni e l'aumento della logistica, di portarlo in pareggio per il 2020», ha ricordato Caio precisando che «è importante rimanga il dialogo con le istituzioni per assicurare che tutti i passi della trasformazione e della riforma vengano fatti in tempo».

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