Roma Onorevole La Russa, che impressione le ha fatto Matteo Renzi nella conferenza stampa di fine anno?
«Mi è sembrato in estrema difficoltà. E quando in una coalizione o in un partito di governo le cose vanno male, si getta la palla avanti nel tempo, per spostare l'attenzione dai guai attuali».
Si riferisce al fatto che il premier ha puntato tutto sul referendum costituzionale?
«Sì, è capitato anche a noi quando siamo stati in difficoltà di cercare il referendum salvifico, quello sulla persona di Berlusconi. Ma per Renzi il vero test non sarà il referendum, bensì le amministrative».
Avranno peso politico?
«Sì e lui lo sa. Infatti ha spostato molto in avanti la data, tanto che si andrà ai ballottaggi a fine luglio. Se perde città importanti come Milano, Roma e magari una terza, le ripercussioni sul piano nazionale saranno inevitabili. Per questo noi del centrodestra dobbiamo vivere queste amministrative come elezioni politiche. E fare come Renzi, che apre le porte a tutti, pur di vincere».
In che senso?
«L'alleanza di Fi, FdI e Lega è la priorità, quella che ci ha fatto vincere in Liguria e ci fa governare in Lombardia. Ma possiamo pensare a coalizioni anche con forze che occasionalmente portino voti al centrodestra, come Ncd. Ricordiamoci che l'ultima volta Pisapia ha messo insieme una coalizione che andava dal centrosinistra (oggi pentito) a Sel, agli scissionisti del Pd ai centri sociali. Perché noi dovremmo guardare il pelo nell'uovo?».
Per Giorgia Meloni dalle amministrative può rinascere il centrodestra unito.
«Sono d'accordo, ma direi che abbiamo già seminato molto, in particolare noi di FdI guardando sempre al di là dei nostri interessi particolari, e ora bisogna cominciare a raccogliere».
Riportando alle urne almeno una parte di quei 26 milioni di italiani che, come dice Berlusconi, non votano e non sono di sinistra?
«Possiamo battere Renzi alle amministrative e poi vincere alle politiche, o addirittura costringerlo ad anticiparle. Sarebbe stato bello, proprio per dare una valenza nazionale al voto locale, candidare Salvini a Milano, Meloni a Roma e Carfagna a Napoli. Ma so che Salvini, con il quale ho un ottimo rapporto dai tempi in cui era consigliere comunale a Milano, la pensa diversamente».
La Meloni, invece, sarebbe disponibile per Roma?
«Non ha ancora sciolto la riserva, né ha scartato l'ipotesi. Anche se non mi sembra giusto pressarla ora, quando il centrosinistra non ha scelto il suo candidato».
Per Napoli Fi ha già indicato Lettieri.
«Possiamo vincere anche con lui e abbiamo buoni candidati pure nelle altre città. Ma, insisto, puntare su Carfagna-Salvini-Meloni avrebbe costretto il centrosinistra a rincorrerci. Scartata questa ipotesi, comunque, l'importante è scegliere aspiranti sindaci condivisi e allargare la coalizione per attrarre voti moderati da qualsiasi partito arrivino».
Sarebbe un banco di prova per le nazionali?
«Non necessariamente, si tratta di due partite diverse. Il centrodestra, con Berlusconi padre nobile e leader di Fi, deve dare 3 certezze. Prima: una unità non fittizia, perché dopo l'errore fatale del partito unico bisogna andare verso una federazione per un'eventuale lista unica. Seconda: saper aprire le porte ad energie nuove, sia che vengano dalla società civile che dalla militanza politica, perché le prime non sono sempre meglio delle seconde.
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