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LA PRECISAZIONE

Il Pentagono ha confermato che è in corso un'inchiesta per verificare se realmente alti ufficiali dell'esercito americano abbiano edulcorato le informazioni di intelligence sulla guerra contro lo Stato islamico, per farle apparire più ottimiste, come denunciato da un gruppo di analisti.

Il mese scorso, il New York Times aveva per primo pubblicato rivelazioni su una possibile investigazione interna al Dipartimento della Difesa. A innescarla sarebbero state le lamentele di un gruppo di analisti di intelligence - 50 secondo il sito del Daily Beast - che avrebbero accusato i vertici del Central Command (Centcom), che supervisiona le operazioni militari in Medio Oriente e Asia, di distorcere i rapporti da loro compilati sulla situazione in Irak e in Siria per renderli più positivi, a uso dell'élite politica. I documenti sarebbero infatti quelli riservati a Casa Bianca e Congresso.

Nella fattispecie, le migliorie sarebbero state apportate a sezioni riguardanti la reale preparazione militare delle truppe irachene e i risultati delle operazioni aeree di americani e alleati sulle postazioni dello Stato islamico.

Nell'estate del 2014, l'Amministrazione di Barack Obama ha dato il via a una campagna aerea, sostenuta da una coalizione internazionale formata dai Paesi arabi ed europei, contro il gruppo estremista che controlla vasti territori in Irak e Siria. Ci sono inoltre 3.400 militari americani in Irak con il compito di addestrare e consigliare l'esercito iracheno. Tuttavia, le operazioni aeree congiunte alle attività delle milizie curde e dell'esercito iracheno non sono riuscite a cambiare per ora la situazione sul campo. Lo Stato islamico controlla in Irak importanti centri urbani come Mosul e Ramadi e la città e regione di Raqqa in Siria è il suo feudo principale.

Secondo gli analisti «ribelli» le cui voci anonime sono state riprese in questi giorni dalla stampa americana, la distorsione ottimistica dei loro dossier avrebbe voluto adeguarsi ai toni positivi usati nei mesi dall'Amministrazione Obama per raccontare le sorti della guerra: «No, non stiamo perdendo», aveva detto il presidente americano in un'intervista alla rivista The Atlantic , a maggio. «Lo Stato islamico sta perdendo», era in luglio il giudizio del generale dei marine in pensione, John Allen, l'uomo che oggi supervisiona la campagna contro le milizie jihadiste.

Se per diverse settimane il Pentagono aveva rifiutato di confermare l'esistenza di un'inchiesta in corso, nelle scorse ore il portavoce dell'ispettore generale del Dipartimento della Difesa, Bridget Serchak, ha confermato le voci di un'investigazione. La svolta arriva dopo che deputati e politici sia democratici sia repubblicani hanno sollevato critiche e polemiche e richiesto una risposta immediata dai vertici di Centcom sulla qualità dei rapporti di intelligence consegnati loro. Le lamentele degli analisti e l'inquietudine dei politici ricorda le settimane del 2002-2003 in cui alla vigilia della guerra in Irak si irrobustì la controversia sulle informazioni di intelligence riguardanti le presunte armi di distruzione di massa del regime di Saddam Hussein.

«Ha sostenuto e continua a sostenere il terrorismo», ecco perché l'afflusso massiccio di profughi è colpa dell'Europa. È questa l'analisi - non certo nuova - del presidente siriano Bashar al Assad, che al contempo però, in un'intervista ai media del suo grande alleato russo, lancia un appello all'Occidente per una «collaborazione contro il terrorismo». Lo fa mentre anche la Russia, secondo il segretario di Stato americano John Kerry, propone agli Usa l'apertura di una discussione a livello militare e Obama sta valutando (così scrive il New York Times) un incontro con Putin all'Assemblea generale dell'Onu a New York. Eppure in serata il portavoce della Casa Bianca precisa senza mezzi termini: «Un sostegno della Russia alla coalizione che combatte l'Isis è benvenuto. Ma ogni sforzo mirato a rafforzare le relazioni col regime di Assad sarebbe controproducente».

La Francia, annunciando ieri l'avvio nelle prossime settimane di bombardamenti anti-Isis proprio in Siria, ha già fatto sapere che non vuole saperne di riconoscere la legittimità del presidente siriano in funzione anti-terrorismo.

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