Il premier finge di accelerare ma prende tempo e apre il suk

Consultazioni-lampo, la squadra entro una settimana Il problema vicepremier: forse per ora non si nomina

Il premier finge di accelerare ma prende tempo e apre il suk

Giuseppe Conte corre. Nel primo giorno da premier incaricato di formare il futuro governo del ribaltone, tra M5S e Pd, l'avvocato del popolo legge il libro dei sogni (non realizzati nei primi 14 mesi a Palazzo Chigi): infrastrutture, lotta all'evasione, Mezzogiorno, valorizzazione del patrimonio artistico e mobilità sostenibile.

È un premier che prova ad accelerare. Ma è un bluff. Perché è lo stesso Conte ad aver chiesto al capo dello Stato Sergio Mattarella tempi adeguati (spera di chiudere entro giovedì prossimo) per la formazione della squadra dei ministri. Sapendo di muoversi su un terreno scivoloso. Il Presidente del Repubblica non vuole assistere allo spettacolo di veti, strategie e mercato delle poltrone. Ha chiesto a Conte un programma chiaro, senza compromessi, e una squadra di governo all'altezza. Ma soprattutto stavolta vorrebbe dal capo dell'esecutivo un ruolo più attivo. Non più quello del notaio chiamato a ratificare le scelte dei leader politici. Ruolo da protagonista che si scontra con il rischio di una partita delicata. Nella quale i due attori, Pd e M5S, non intendono arretrare di un millimetro dalle proprie posizioni.

I dem sono una polveriera tra correnti, invidie, ambizioni e regolamenti di conti interni. Dal fronte grillino non c'è più una sola voce: Grillo (per ministri tecnici) e Di Maio (ministri politici) sono in conflitto. Da fuori, Alessandro Di Battista proverà a sabotare con tutte le armi l'alleanza giallorossa. C'è poi la mina del voto sulla piattaforma Rousseau che potrebbe arrivare a trattative in corso. L'unico alleato è il presidente della Camera Roberto Fico. Ieri, dopo il colloquio con la presidente del Senato Elisabetta Casellati, Conte ha incontrato Fico. Un colloquio di due ore e mezza, con pranzo insieme: Conte cerca una sponda che gli spiani la strada verso la formazione del governo. Ma Fico, dal proprio canto, deve garantire l'ala ortodossa del Movimento che vuole poltrone. Nel pomeriggio, il presidente del Consiglio incaricato ha incontrato i gruppi minori. E stavolta non sono colloqui imposti dalla prassi istituzionale. La maggioranza Pd-Cinque stelle non è autosufficiente a Palazzo Madama: i voti dei senatori di Leu, Autonomie e Misto sono fondamentali. Pd e M5s partono da 158: la soglia per incassare la fiducia è 161. E dunque Conte dovrà garantire un'adeguata rappresentanza nel governo ai 4 senatori di Leu. Si ipotizza l'ingresso di Pietro Grasso. C'è poi la senatrice Emma Bonino che ha già avvisato: nessun voto a scatola chiusa. Tradotto: un'altra poltrona da conservare per la Bonino. Oggi sarà la volta di Pd e M5s. Il gioco si fa duro. E rischia di rallentare la corsa del Conte bis. Già sul programma le idee dei due soci di maggioranza sembrano collidere. Ieri il capogruppo grillino alla Camera Francesco D'Uva ha rilanciato il tema del taglio dei parlamentari. Per il Pd non è una priorità da inserire nell'agenda di governo. Più esplicita Paola De Micheli, vice di Zingaretti: «Ci sono ancora divergenze». Conte dovrà mediare, fornendo una riposta ai due alleati. Però il vero scoglio è la scelta dei ministri. I dem insistono: «Il vicepremier tocca a noi». I Cinque stelle non mollano. Il nodo sarà sciolto da Conte: si fa largo l'ipotesi di non nominare un vice nella prima fase. Altra casella che scotta è il Viminale.

Tre i nomi in lizza: Marco Minniti, Franco Gabrielli o Mario Morcone. Ma non è scontato che vada al Pd. I cinque stelle alzano il prezzo nel classico gioco delle parti. Facendo irritare il Colle. E ritardando la fuga solitaria dell'avvocato del popolo.

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