Processo in vista per la Pivetti. Sequestrati 4 milioni di euro

L'accusa: evasione e riciclaggio con altre sei persone Indagini sul mosaico di società. E spuntano tre Ferrari

Processo in vista per la Pivetti. Sequestrati 4 milioni di euro

Nelle intercettazioni la chiamano ancora «la Presidente» come ai tempi in cui sedeva sullo scranno più alto di Montecitorio, seconda donna ad assurgere alla guida della Camera e presidente più giovane della storia, con i suoi trentun anni appena compiuti. Da allora per Irene Pivetti molta acqua è passata sotto i ponti, tra aspirazioni giornalistiche, comparsate televisive e tentativi (sfortunati) di tornare in politica. Fino alla Pivetti 2.0, quella che si inventa consulente aziendale, ambasciatrice del made in Italy nel mondo e soprattutto in Cina: carriera su cui piomba ieri la tagliola della Guardia di finanza, per una storia brutta e complicata da soldi sottratti al fisco. La Procura di Milano dispone il sequestro di conti correnti, cassette di sicurezza e persino della Postepay, alla ricerca dei quattro milioni mezzo di tasse che la Presidente è accusata di avere evaso.

Che la sua nuova vita fosse destinata a procurare all'ex enfant prodige leghista più rogne che glorie lo si era capito già in emergenza Covid, quando era stata accusata di aver fatto arrivare in Italia dalla Cina un milione e mezzo di mascherine non certificate: «Quelle stesse mascherine che vanno bene all'estero andrebbero bene anche in Italia se le importasse qualcuno che non si chiama Pivetti», aveva brontolato lei. Ma da allora l'attenzione delle «fiamme gialle» sui suoi affari non è mai cessata. E l'avviso di fine indagini recapitato ieri radiografa una rete oscura di società, un mosaico da fare venire il malditesta: tutte più o meno con lo stesso nome, sparse tra l'Italia, la Polonia, Hong Kong, una sfilza di sigle che si controllano a vicenda e che sembrano non contenere nulla: all'indirizzo polacco c'è un centro estetico, il capitale di una società di Hong Kong è di un dollaro locale, ovvero dieci centesimi. Dietro c'è sempre lei, Irene: che in un caso si porta il genero Camil Grimaldi, giovane consorte di sua figlia Lodovica.

A cosa serva esattamente questo cubo-di-rubik di società non è dato capire, il pm Giovanni Tarzia scrive che «esauriscono la loro funzione nel fornire una domiciliazione e nell'apertura di conti correnti all'estero». Conti sulla cui gestione da parte della Presidente la Procura ha incamerato la cruda testimonianza del consulente della Pivetti: «data l'illegalità della richiesta della Pivetti», dice, «la mia percezione è che la signora Pivetti abbia preferito questa modalità perché probabilmente il flusso monetario era più difficile da individuare».

Alla fine, a metterla nei guai, incriminata per frode fiscale e riciclaggio, è il servizio che offre a un volto celebre dei motori italiani, il pluricampione di rally Leo Isolani: che quando il suo racing team inizia a andare a rotoli, si rivolge alla Pivetti per fare sparire quanto ne resta, comprese tre Ferrari, prima che l'Agenzia delle entrate se ne impossessi.

Le Ferrari svaniscono, alla Pivetti arrivano sette milioni e anche questi non si capisce che fine abbiano fatto perché alle rogatorie milanesi Hong Kong non ha mai risposto: c'è anche il sospetto che i soldi non siano rimasti a lei, e che la Presidente, la stessa che un giorno scampanellava inflessibile i deputati, si sia prestata solo a fare da tramite. Ma intanto per adesso il conto la Procura lo presenta a lei: indagini chiuse, processo imminente. «Irene Pivetti - dice il suo legale Fillippo Cocco - è pronta a chiarire ogni aspetto della vicenda».

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