Roma Uno accusa Bankitalia, l'altro la difende. Se per il procuratore di Arezzo, Roberto Rossi, via Nazionale non avrebbe vigilato a sufficienza su Banca Etruria, quello di Chieti, Francesco Testa, descrive invece come «pressante» l'attività ispettiva della Banca d'Italia sulla Cassa di Risparmio di Chieti, quarto istituto di credito finito in risoluzione nel novembre del 2015, davanti alla Commissione bicamerale d'inchiesta sulle banche.
«Quattro ispezioni nell'arco di quattro anni sono un bel numero, dal nostro punto di vista c'era un occhio attento alla vigilanza», sostiene il procuratore che ha cominciato ad indagare su CariChieti nell'aprile 2016, dopo la richiesta di accertamento dello stato di insolvenza, indagando gli ex commissari straordinari nominati da Bankitalia. Nei loro confronti viene ipotizzato il reato di bancarotta per l'eccessiva svalutazione dei crediti effettuata poco prima della risoluzione, un reato però per il quale è ancora da accertare il profilo di dolo. Il magistrato ricorda che «la rettifica dei crediti fatta poco prima della risoluzione fu per 243 milioni ed è stata giudicata dal Tribunale di Chieti «non liquet» (non chiara, ndr) perché non è stato possibile valutare i criteri applicati». Ma il procuratore Testa non ha nulla da rimproverare a palazzo Koch: «CariChieti era sicuramente una banca sotto osservazione, che aveva diversi problemi di trasparenza e la Banca d'Italia questo l'aveva debitamente segnalato». Su Banca Etruria, invece, l'operato di Bankitalia non sarebbe stato altrettanto trasparente. Almeno secondo quanto riferito in Commissione dal procuratore di Arezzo, che giovedì ha «scagionato» da ogni responsabilità Pier Luigi Boschi, ex vicepresidente della banca fallita nonché padre di Maria Elena, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, affermando che l'istituto è stato commissariato per la mancata fusione con la Popolare di Vicenza, per altro già in crisi finanziaria. Una versione, questa, in contrasto con il documento redatto dagli ispettori di Bankitalia che ha portato la banca in amministrazione straordinaria. In quel rapporto, rispuntato ieri e pubblicato su ilmessaggero.it, si chiarisce che Etruria è finita in risoluzione perché «l'analisi ispettiva ha evidenziato un elevato shortfall (deficit, ndr) patrimoniale riflesso in larga parte delle maggiori perdite emerse in corso di ispezione sul portafoglio crediti deteriorati». «Lo shortfall patrimoniale consolidato da stime aziendali pari a 590 milioni, è in larga parte dovuto alle esigenze di accantonamento sul portafoglio crediti deteriorati emerso dall'analisi ispettiva (200 milioni)», si legge nelle carte dove si parla anche di un premio sociale di 2,1 milioni concesso a tutti i dipendenti nel 2013, quando la banca era già nei guai.
Anche il senatore Andrea Augello, componente della Commissione d'inchiesta, ritiene che Rossi non abbia detto tutta la verità quando ha sostenuto che il collasso della banca va fatto risalire agli ingenti crediti senza garanzia concessi solo dal 2008 al 2010 e che i consiglieri di amministrazione, dal 2010 in poi, non possono essere considerati
responsabili della bancarotta. Secondo Augello non potevano non sapere, visto che le linee di credito scadono e devono essere rinnovate. E che Banca Etruria presentò delle controdeduzioni ai rilievi di Bankitalia, datate 2013.
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