Profilo basso, poca politica e iniziative bipartisan: così i soliti noti ci provano

Ex leader del Pd o presunti salvatori della patria: parte la grande scalata alla poltrona di Re Giorgio

Profilo basso, poca politica e iniziative bipartisan: così i soliti noti ci provano

Roma - Sono i Toto Cutugno del Quirinale. A ogni elezione del presidente della Repubblica eccoli là, candidati di default al totocolle, finti tonti che non hanno nessun bisogno di autopromuoversi, tanto troveranno qualcuno che lo farà al posto loro. Consentendo loro di vestire l'abito preferito del candidato alla poltronissima: quello della noncuranza, del «mi si nota di più se non vengo o se vengo e mi metto in un angolo?», della saggezza low cost da manualetto.

L'elenco è il solito: comprende più o meno tutti gli ex leader del Pd e delle sigle da cui esso discende (Massimo D'Alema, Romano Prodi, Giuliano Amato, Walter Veltroni, Piero Fassino, Pier Luigi Bersani), più un paio di uomini per tutte le stagioni (Pier Ferdinando Casini, Francesco Rutelli) e un paio di salvatori della Patria dai poteri attivi (Mario Draghi) o scaduti (Mario Monti). Ognuno affronta questa campagna elettorale carsica a modo suo, ma il basso profilo è d'ordinanza, se non altro perché come tra i pistard il primo che scatta è destinato alla sconfitta. E quindi meglio interminabili souplesse .

Prendete Romano Prodi . Ad aprile 2013 aveva già iniziato a riempire gli scatoloni per il trasloco al Quirinale. Poi 101 franchi tiratori del Pd lo impallinarono costringendolo a disdire l'appuntamento con i facchini. Da quel trauma Prodi non si è più ripreso e un altro macigno è rappresentato dal sospetto che esista una conventio ad excludendum tra Renzi e Berlusconi contro di lui. «Chiunque ma non Prodi» potrebbe essere l'inno del Nazareno. Ma le corse al Quirinale sono una bagarre indecifrabile e iniziare la partita con l'ostilità di chi mischia il mazzo e dà le carte potrebbe essere l'asso nella manica dell'unico leader della sinistra ad aver battuto Berlusconi.

Chi un paio di anni fa aveva lavorato duro per salire al Colle era stato Mario Monti . Nella breve e frenetica parabola dell'economista da Superman a ingrigito Clark Kent sembrò a un certo punto che potesse essere lui il successore di Giorgio Napolitano al termine del suo primo mandato. All'uopo Monti, ridimensionato dal voto delle politiche di febbraio 2013, mise a disposizione i suoi voti al Pd per la difficile formazione del governo e poi si emarginò da Scelta Civica per guadagnarsi una nuova verginità. Non funzionò. Ciò non toglie che il nome di MM sia ancora lì, tra i papabili di diritto.

Papabile evergreen è anche Walter Veltroni , che vanta buoni rapporti con Renzi, è l'ex leader democratico meno inviso a Berlusconi e in fondo potrebbe dialogare con i grillini. Da tempo gioca su tavoli contigui alla politica come la Rai e la Figc, scrive libri e filma film. Un ruolo da outsider furbetto. Lo stesso fa Francesco Rutelli , laico devoto che di recente si è tolto lo sfizio di intestarsi la nascita politica di Matteo Renzi («era nella mia corrente della Margherita») per vedere l'effetto che fa e nel frattempo intrattiene buoni rapporti con i due Papi (il titolare e l'emerito) per darsi una certa qual grandeur . Potrebbe funzionare. Nella ricca cartella dei padri nobili della sinistra italiana ci sono anche i file di Piero Fassino , dell'immarcescibile Giuliano Amato (uno che verrebbe buono qualora si manifesti la necessità di non far storcere troppo la bocca al Cavaliere), di Pier Luigi Bersani , e infine di Franco Marini , un altro ex quasi presidente del quale non si hanno più tracce.

Infine i premi speciali della giuria. Premio chi-me-lo-fa-fare a Mario Draghi , l'unico che al momento ha qualcosa a cui rinunciare, cioè la presidenza della Bce. Quindi fa il ritroso, ma i bookmaker continuano a tenerlo d'occhio. Premio rieccolo a Pier Ferdinando Casini .

La silhouette istituzionale non gli manca, così come quel talento nell'esser sempre al centro fingendo di star fuori, di essere terzo anche quando è schierato. Certo, al momento è sull'Aventino. Ma non è un Colle anche quello?

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