Politica

Protezionismo e ambiente: il G20 si inchina a Trump

Effetto Donald nel comunicato finale, spariscono i riferimenti ai due temi più sensibili per Washington

Francesco De Palo

Doppio effetto Trump sul G20. Ciò che spicca, nel comunicato finale del vertice di Baden Baden, è l'assenza di impegni e direttrici di marcia contro il protezionismo, aprendo la strada ad una retromarcia rispetto alla consuetudine diplomatica economica che negli ultimi cinque lustri è stata vista come una Bibbia. Ovvero quel coordinamento forzoso, spesso passivo e dal pensiero unico che, dalla vittoria di The Donald in poi, sta mutando pelle e forma, prima che contenuti. In secondo luogo spariscono anche le promesse sottoscritte con l'accordo di Parigi sul cambiamento climatico. Insomma, mentre dall'altro lato dell'oceano la Cancelliera Merkel è impegnata a Washington per il primo incontro ufficiale alla Casa Bianca, nel vecchio continente sembra che più di qualcosa stia cambiando.

Al G20 teutonico il protagonista è Steven Mnuchin, l'ex manager di Goldman Sachs voluto da Trump al Tesoro. Non solo per un discorso da grande giocatore di scacchi, ma anche per via dell'incontro bilaterale avuto 24 ore prima con il padrone di casa Wolfgang Schäuble, a cui il feldministro non è riuscito a tenere testa. Ma andiamo con ordine. Il commercio è stata la pietanza principale del vertice. Lo ha detto sin dall'inizio il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria: «stiamo promuovendo il commercio come elemento di crescita, un fattore di crescita che può anche dirottare flussi di investimento molto importanti per la crescita di domani». Ma in che modo? Mnuchin esordisce, nel Paese noto per l'anomalo surplus di bilancio, con un assunto preciso: gli Usa favoriscono il commercio, ma se giusto ed equilibrato. Quindi la strategia è correggere gli eccessi, con in filigrana una sconfitta per la nazione ospitante che da sempre si batte per mantenere il G20 ancorato ideologicamente agli impegni assunti in passato. «Quello che è stato in passato non è necessariamente rilevante dal mio punto di vista», ha aggiunto Mnuchin: altro riferimento al Nafta, (North American Free Trade Agreement, l'accordo nordamericano per il libero scambio) che dovrà essere rivisto, come alcune norme di Basilea III per meglio regolare il rapporto fra creditori.

Lo stesso Mnuchin due giorni fa ha voluto incontrare il suo omologo tedesco, Wolfgang Schäuble, prima del G20 di cui la Germania ha la presidenza di turno, mettendo in chiaro una serie di passaggi significativi. Come quello relativo al fatto che «non abbiamo alcuna intenzione di ingaggiare una guerra commerciale» anche se Berlino, ha fatto poi trapelare il suo staff, dovrebbe impegnarsi a correggere il proprio surplus di bilancio. Inoltre circa l'accusa che l'euro sia una valuta manipolata, ha detto che la moneta unica «è una valuta usata da molti Paesi e non è possibile confrontarla con il dollaro». Mentre sull'ipotesi di introdurre tassi doganali di ingresso negli Usa ha commentato «è una delle tante ipotesi al vaglio». Tesi a cui Schäuble ha replicato con poco mordente, come sull'annosa questione del surplus, definendo le raccomandazioni di maggiori investimenti da parte della Germania «una soluzione poco efficace», anche perché Berlino non fa la politica monetaria dell'euro che invece viene fatta dalla Bce. Che avesse intuito, in anticipo, la piega del G20?

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