Matteo Sacchi
Colpi duri tra Washington e Mosca, in una piccola riedizione, in formato diplomatico, della Guerra fredda. Saranno 755 i diplomatici statunitensi che dovranno lasciare la Russia entro settembre. È la risposta, annunciata ieri dal presidente Vladimir Putin, al «no» alla revoca e «sì» a nuove sanzioni contro la Russia approvate, due giorni, fa dal Senato degli Stati Uniti. Putin ha ampiamente motivato la ritorsione contro Washington parlando ai media russi: «È venuto il momento di mostrare agli Usa che non lasceremo le loro azioni senza risposta. Washington ha assunto posizioni che peggiorano le nostre relazioni bilaterali. Possiamo mettere in campo anche altre misure per rispondere agli Usa».
Al momento il personale dell'ambasciata americana a Mosca si aggira attorno alle 1.200 persone e così dovrebbe drasticamente scendere sotto le cinquecento. Non può sfuggire la specularità e la proporzionalità della reazione. Obama aveva espulso 35 diplomatici russi a dicembre, portandoli a quota 455. Una reazione che arriva dopo che nella notte tra giovedì e venerdì, il Congresso americano ha approvato l'inasprimento delle sanzioni economiche e finanziarie nei confronti del Cremlino (ma anche dell'Iran e della Corea del Nord). Queste misure contro Mosca sono state un colpo durissimo contro i tentativi di soluzione morbida auspicati dal presidente Trump. L'organo legislativo americano ha praticamente legato le mani al presidente, che ora non ha più libertà di azione senza l'ok del Congresso.
Putin ha dunque a questo punto deciso di optare per la linea dura come si capisce chiaramente dal suo discorso: «Speravamo che la situazione cambiasse. Ma sembra che non cambierà in un futuro prossimo».
Ora bisognerà vedere le prossime mosse di Trump. A breve la legge sulle sanzioni arriva sul tavolo del presidente. Che sarà posto di fronte a un dilemma: controfirmare o no le nuove sanzioni approvate da quasi tutto il Congresso? Se lo farà certificherà la sua dipendenza dalla Camera. Se invece deciderà di porre il veto, potrebbe essere anche peggio. La maggioranza favorevole alle sanzioni è così ampia da annullare anche il suo no. Quindi permanere della crisi e danno d'immagine aggiuntivo. Senza contare che le sanzioni mettono a disagio anche diversi Paesi europei che hanno rapporti economici con la Russia e non vogliono essere tirati per la giacchetta all'interno di questa bagarre diplomatico economica. Qualsiasi cosa accada Mosca ha ormai chiaramente fatto capire che non ha più intenzione di pazientare e restare passiva come aveva fatto inizialmente dopo l'intervento di Obama nel Russiagate.
E così quella distensione che era apparsa evidente con l'arrivo di Trump alla Casa Bianca e che sembrava ancora possibile, con gli incontri del G20 di Amburgo, sembra essere finita rapidamente nel dimenticatoio. Ora che risulta chiaro che non è detto che sia Trump da solo a poter decidere quale sia la posizione americana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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