Così Obama ha preso in giro l'"amico" Matteo sul caso Lo Porto

L'incontro tra i due leader una settimana fa è andato avanti tra vini e pacche sulla schiena malgrado la morte del cooperante Ora Renzi fa il finto tonto: «Preso tempo per la famiglia»

Così Obama ha preso in giro l'"amico" Matteo sul caso Lo Porto

Roma - Caro Matteo, caro Barack. Il «tu» confidenziale, la stretta di mano con giovanile presa d'avambraccio. «Ho visto in tv il tuo discorso a Selma sui diritti civili e mi sono venuti i brividi... sei stato molto, molto ispirational ». «Sono molto colpito dalle riforme che porti avanti, la tua sfida allo status quo ti ha reso voce guida in Europa». Il modello giusto è quello Usa... ah, ti ho portato del buon vino toscano, del Sassicaia, dell'Ornellaia, del Brunello e del Tignanello, così ce lo scoliamo. «Eccoti un bel pallone firmato dai giocatori del Washington United». E il primo incontro sugli scenari di crisi assieme al consigliere per la Sicurezza, Susan Rice, al vice Biden, al segretario di Stato Kerry. E la richiesta di mantenere le truppe in Afghanistan, «voi italiani siete proprio bravi». E la cena all'Ambasciata italiana con Colin Powel e Madeleine Albright. E con Lisa Monaco, consigliere per l'Antiterrorismo.

Non un secolo fa. Venerdì scorso: le mirabili, amabili, fantasmagoriche 36 ore della prima visita ufficiale del nostro premier negli States . Renzi e Obama, baci e abbracci ultrademocratici. «La chimica è scattata», se la godevano nello staff renziano. Ma il fatto è che oltre la chimica c'è pure la fisica. Il fulmine a ciel sereno, la coltellata che non ti aspetti. «Oh, dimenticavo Matteo... a proposito di droni e raid Cia... Non ti ho detto una cosa...». Possiamo soltanto immaginare la telefonata dell'altroieri, nella quale Barack Obama comunica a Matteo Renzi che a gennaio (gennaio!) in un raid di droni della Cia ci sono rimasti secchi due ostaggi, tra cui l'italiano Giovanni Lo Porto. Più che immaginarla, vorremmo sperare che sia stata questa, più o meno, l'imbarazzata comunicazione del presidente Usa al premier italiano. Dello stesso tenore del terribile comunicato stilato ieri dalla Casa Bianca: «È con enorme dolore che abbiamo realizzato recentemente (sic!) che in un'operazione antiterrorismo del governo americano a gennaio sono stati uccisi due ostaggi innocenti, prigionieri di Al Qaeda».

Eppure lo choc, lo sgomento, lo spiazzamento, non possono trascurare una domanda cardine. Ma di che cosa esattamente hanno parlato in quelle fatidiche 36 ore Renzi e Obama? Di economia, di scenari di crisi, di enologia? Possibile che non si sia andati mai a lambire, neppure di sghembo, le informazioni riservate su un'operazione così importante e dagli esiti così tragici per il rappresentante del Paese ricevuto a corte con tanta amicizia? Il Paese cui ieri Obama ha rivolto un peloso rammarico e tanto di scuse? «Ho deciso di rendere pubblica l'informazione - ha dichiarato - perché credo che le famiglie meritassero di conoscere la verità». Le famiglie sì, sia pure a scoppio ritardato, e il loro presidente del Consiglio no? Lui, Renzi, ora fa il finto tonto, definisce «incomprensibili» le polemiche sul timing e spiega: «È evidente che abbiamo preso del tempo per informare in modo corretto la famiglia». Ma quanto tempo ci sarà voluto? Ma l'impressione è che si sia scelto di sacrificare l'attenzione al dolore dei familiari sull'altare del fondamentale messaggio d'amicizia tra due popoli (dal '45 mai in discussione, a dire il vero).

Sono queste le domande cui l'ora dolentissimo Renzi viene chiamato a rispondere in Parlamento, come richiesto da Forza Italia, Sel e Cinquestelle, che già ne reclama le dimissioni. Lo farà oggi alle 10 alla Camera il ministro Gentiloni. Ma a coprire la gravità di un episodio del genere non basterà certo il cordoglio a posteriori e la telefonata a una mamma straziata. Nè soccorre l'assunzione di ogni responsabilità da parte di Obama: «Non ci sono parole... ma la lotta al terrorismo comporta anche questi errori».

Errori di comunicazione compresi? Purtroppo in questi casi la leggerezza non paga, e delle due l'una: o Renzi ha saputo e ha deciso di tacere per non guastare la festa; o è stato trattato peggio di una marionetta, d'un fantoccino irrilevante. Alla faccia dell'amicizia. Caro Barack, un piffero.

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