Quando la burocrazia impone di mangiare la pizza scomodamente

La legge prevede che le sedie e il banco di appoggio siano di misure incompatibili

Quando la burocrazia  impone di mangiare  la pizza scomodamente

Roma - Dieci anni fa usciva Volevo solo fare la pizza di Luigi Furini, libro denuncia sulle sventure di un aspirante piccolo imprenditore che ha provato a mettere in piedi la più basica delle aziende. Pizzaiolo con vendita. Impresa finita male, crollata sotto il peso della burocrazia, regole kafkiane, difficili capire e impossibili da rispettare e un fisco opprimente. Dopo due lustri l'epopea dei pizzaioli (e degli altri artigiani) non è finita.

I governi che si sono succeduti hanno promesso semplificazioni. Ma a differenza di quanto accadeva in passato, quando una parte della politica predicava contro le imprese ma sottobanco non le ostacolava, la macchina pubblica, si dichiara amica di chi intraprende, ma poi, quando si scende dalla teoria alla pratica, rende veramente difficile la vita agli imprenditori.

Un esempio di quanto possa essere complicato fare il pizzaiolo o il gelataio in Italia, viene da una circolare del ministero dello Sviluppo economico «in materia di consumo sul posto per le imprese artigiane». Dovrebbe chiarire le idee agli enti locali che hanno dubbi sulla normativa che riguarda le piccole aziende artigiani di alimentari, sul come e quando possono somministrare i loro prodotti ai clienti.

La risposta - correttissima dal punto di vista della legge - lascia vari interrogativi, organizzativi ed economici, tanto che il testo (risalente a un anno fa) nei giorni scorsi, circolava nei social network tra gli addetti al settori con commenti poco lusinghieri.

Per distinguerli dai ristoranti, questi esercizi devono avere «piani di appoggio» e non tavoli. E questo è comprensibile. Non sono ristoranti. Le stoviglie devono essere «a perdere». Passi anche questo, anche se posate e piatti di plastica inquinano più di quelle di materiali lavabili. Dal 2013 è stata prevista la possibilità di mettere nelle pizzerie «un limitato numero di panchine o altre sedute non abbinabili ad eventuali piani di appoggio».

E qui interviene la «risoluzione 174884» a chiarire cosa significa. «I piani e le sedute richiamati nel citato parere devono intendersi non abbinabili, non nel senso che la loro collocazione all'interno dell'ambito spaziale deve essere non abbinata (solo in tal senso i clienti potrebbero abbinarli spostandoli), ma nel senso che l'utilizzo congiunto della seduta e del piano d'appoggio non deve risultare normalmente possibile (ad esempio, per le diverse altezze dei medesimi) in modo che sia consentito ai fruitori il consumo degli alimenti e delle bevande da seduti (ma non al tavolo) ovvero appoggiando i prodotti su un piano (ma senza poterlo utilizzare da seduti)».

Tradotto. Sedie e piani di appoggio non devono solo stare lontani tra loro, perché così i clienti potrebbero spostarli e crearsi un comodo angolino dove consumare il pasto. Devono essere di misure incompatibili, in modo che non si possano usare insieme. Ad esempio, mensola o appoggio alti, sedia bassa. O viceversa.

Chi mangia la pizza può stare o in piedi

appoggiandosi al tavolino, oppure seduto, ma senza appoggio. Potere godere di entrambe le comodità (sedersi e appoggiarsi) non è consentito.

Per la serie, è complicato fare la pizza, ma anche mangiarla non è così semplice.

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