C'era una volta Schengen, intoccabile pilastro della libertà di movimento in Europa, un baluardo intoccabile. Anzi no, modificabile, e anche presto perché in Europa, con la minaccia terroristica e la pressione migratoria mai così alta non è più tempo per le frontiere aperte. «Schengen è sotto pressione» fa sapere la portavoce della Commissione Ue, la Svezia lo ha già sospeso, altri Paesi reclamano il ritorno ai controlli di frontiera, e anche l'Italia pensa a ripristinare i confini con la Slovenia, varco attraverso cui sono aumentati gli ingressi di clandestini in territorio italiano.
Si ripensa dunque Schengen, dopo averlo però categoricamente escluso più volte, e dopo aver accusato di deriva populista chi nel centrodestra aveva chiesto la stessa cosa con mesi di anticipo. «Nessun governo europeo parla di sospendere Schengen - assicurava solo un mese fa il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni -. Sacrificare la libertà di circolazione sarebbe un prezzo inaccettabile da pagare al terrorismo».
Il piddino Gianni Pittella, capogruppo SD (Socialisti e Democratici) al Parlamento Ue, ammoniva duramente Marine Le Pen leader del Front National francese, rea di aver avanzato l'idea di controllare le frontiere in Europa («Idea folle e populista»).Anche il premier Matteo Renzi ha più volte detto di non considerare quel trattato il vero punto in discussione nel dibattito sulla sicurezza interna europea: «Non è il trattato di Schengen il problema, magari bastasse immaginare che il nemico è alla frontiera, i killer di Parigi erano ragazzi cresciuti nelle scuole francesi, eppure sono diventati terroristi» spiegava il premier lo pochi mesi fa. Anche il capo del Viminale, il ministro Angelino Alfano, ancor a il mese scorso escludeva senza dubbi l'intenzione di modificare le regole per l'accesso in Europa e in Italia («Noi vogliamo accogliere i pellegrini per il Giubileo e non mi pare del tutto compatibile con l'accoglienza dei pellegrini l'idea di rendere più complicato l'accesso in Italia»).
In una intervista l'altro giorno Alfano è sembrato più preoccupato per la gestione dei migranti (fallimentare finora si è rivelato il sistema Ue dei ricollocamenti che prevedeva 80 partenze ogni giorno mentre, in tre mesi, hanno lasciato l'Italia solo 150 persone) e molto più incline ad una revisione dei meccanismi alle frontiere. «No a cancellare Schengen, ma la sua sopravvivenza passi per la revisione delle procedure che implicano anche la comune gestione delle frontiere esterne da parte di tutti e con responsabilità di tutti gli Stati» ha spiegato il ministro dell'Interno. Che poi, ai microfoni dei tg Rai, precisa: «Non abbiamo intenzione di sospendere Schengen. Non è vero quanto è stato detto, ma rafforzeremo i controlli antiterrorismo. Identificare meglio le persone sospette, e assicurare che la rotta balcanica non rappresenti un rischio per noi sono gli obiettivi del governo. L'Unione Europea ha il grande torto di non averci ascoltato per tempo».
Anche la Germania vacilla. Il portavoce del governo federale Steffen Seiber spiega che il sistema di Schengen «è molto importante ma è in pericolo a causa del flusso di profughi». Questo sebbene la cancelliera Angela Merkel sia stata, tra i leader europei, forse la più ferma nel sostenere l'intoccabilità degli accordi sulla libera circolazione in Europa, difesa a spada tratta anche dal presidente (anche lui tedesco, ma socialista e non esponente della Cdu) del Parlamento Ue, Martin Schulz.
L'accordo di Schengen «non è in discussione» è stata la linea della Merkel finora, basta che «i Paesi si scambino le informazioni». Ora però il vento sembra cambiato di colpo. Reintrodurre i controlli alle frontiere non è più una folle idea da populisti.PBra- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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