Quando il tempo è nemico

Quando il tempo è nemico

Fra due settimane saranno 46 anni. Sei mondiali, 46 anni e due figli. Ci sarebbe tutto l'occorrente per criticare Max Biaggi e quelli come lui che, nonostante età, famiglia e pancia piena di soddisfazioni e ricchezza, perseverano nello sfidare vita e rischi cullando la passione per la velocità.

Ci sarebbe tutto. Non c'è niente. Perché poi è un attimo sbattere la faccia contro i tragici esempi di Michael Schumacher bloccato in una non vita da un incidente sugli sci e del povero Nicky Hayden che la vita ha perso mentre pedalava in bici. Drammi che raccontano solo e sempre la solita verità: che il fottuto destino decide di venirti a prendere anche fossi impegnato nell'uncinetto.

Piloti, che gente..., scriveva uno che li assumeva e conosceva come Enzo Ferrari. E i piloti sono gente che resta pilota per tutta la vita.

Soprattutto, noi padri, noi mariti, noi motociclisti da lungo lago, noi che ci viene facile dire «ma a 46 anni che ci faceva Biaggi a sgasare con le moto su un circuito dimenticato del Lazio?», noi non possiamo dire bah.

Perché non siamo in grado di capire il fuoco che li divora e perché mi sembra ieri, ed era la metà degli anni 90, Max 26enne che, tenendosi stretta la mano con due dita malconce, diceva al dottor Costa, il medico del motomondiale, «lo so che se non me le blocca e cura, poi non riuscirò più a muoverle come le altre, però fa niente... sono pronto a tutto pur di non saltare la gara di domani». Aveva ragione Ferrari.

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