Quattro tecnici italiani rapiti in Tripolitania: l'ombra degli islamisti

Ancora incerta la paternità del sequestro I colleghi: «Erano lì per far arrivare il gas con cui ci scaldiamo». I terroristi contro il nostro ruolo nella pacificazione

Quattro tecnici italiani rapiti in Tripolitania: l'ombra degli islamisti

Quattro tecnici italiani sono stati inghiottiti domenica dal caos libico in Tripolitania, la regione occidentale dell'ex regno di Gheddafi. L'unica certezza è che li hanno rapiti, ma sull'identità dei sequestratori ci sono almeno tre piste.

Gino Tullicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla lavorano per la società Bonatti di Parma, ma due sono originari della Sicilia e gli altri della provincia di Roma e della zona di Cagliari. «Freedom for Gino, Salvo, Filippo e Fausto» si legge in un cartello appeso dai colleghi all'ingresso del compound di Wafa, nel sud ovest della Libia, da dove parte il gas diretto a Mellitah, sulla costa, poi pompato sotto il mare in Italia dall'Eni.

Manuel Bianchi, un ex collega, ha postato la foto con i nomi e la richiesta di liberazione su Facebook. E aggiunto: «Quello che è successo in Libia poteva benissimo accadere a me fino ad un anno fa. Ci si reca in quei posti solo per lavorare e non per divertirsi; per farvi arrivare il gas con il quale vi riscaldate in inverno, con il quale vi raffreddate in estate (ebbene sì) e con il quale vi fate da mangiare tutto l'anno. Per cui questa volta non ammetto “se la sono cercata", ma solo #Solidarietà».

Secondo la ricostruzione del Giornale , grazie a una fonte sul posto, gli italiani erano arrivati in aereo in Tunisia. Poi hanno passato il valico con la Libia di Ras Jadir prendendo la strada costiera che porta Mellitah. Una via obbligata verso gli impianti, ma percorrerla di sera, come sembra sia avvenuto, è stato un azzardo. La prima grande città sulla costa è Zuwara in mano ai berberi. Una pista porta proprio alla criminalità organizzata della zona dedita al contrabbando e al traffico di uomini verso l'Italia. La milizia di Zuwara è alleata del governo islamista di Tripoli, non riconosciuto dalla comunità internazionale. Quella della capitale è l'unica fazione a non aver firmato, l'11 luglio, l'accordo voluto dall'Onu per la pacificazione della Libia con la creazione di un governo di unità nazionale.

Al Jazeera , la tv satellitare araba, ribalta la frittata sostenendo che gli italiani sono stati rapiti nella zona di Tawela, dall'altra parte della strada costiera rispetto a Mellitah. Un'area sotto l'influenza di Zuwara e Tripoli, ma contesa dai gruppi armati considerati alleati del governo di Tobruk riconosciuto dall'Occidente e dall'Italia. Se fosse così sarebbe un grave imbarazzo per Roma. Secondo Al Jazeera i sequestratori farebbero parte del gruppo Jaish al Qabail, l'Esercito delle tribù composto anche da ex gheddafiani. La milizia è vicina alla roccaforte di Zintan, che invece ha firmato la tregua, ma rimane rivale di Tripoli e Zuwara. I sequestratori risponderebbero al contestato generale Khalifa Haftar, comandante dell'esercito di Tobruk, che ha condannato il rapimento. Secondo la tv araba, gli ostaggi italiani sarebbero stati portati verso sud, dove si trova Wafa, il terminale gestito dalla società dei rapiti, nel territorio controllato da Zintan.

La terza pista è la più drammatica. Secondo l'agenzia di notizie libica al Tadhamoun, gli italiani sono stati presi più ad Est di Mellitah nell'area di Sabratah vicino a Zawia a soli 60 chilometri ad ovest di Tripoli. Sabratah è una roccaforte del gruppo terroristico Ansar al Sharia, che ammicca al Califfato. I terroristi che hanno compiuto le stragi del Bardo e di Sousse in Tunisia sarebbero stati addestrati in un campo di Ansar nella zona. In marzo lo Stato islamico ha rapito nove lavoratori stranieri compresi due europei in un terminale petrolifero decapitando le guardie, ma il sequestro è avvenuto nel deserto a 700 chilometri dalla costa.

Per Gentiloni l'ipotesi di una rappresaglia contro l'Italia «non sembra molto fondata». In molti, però, a Tripoli, a Sirte, dove sventolano le bandiere nere, vedono come fumo negli occhi il ruolo di pacificazione italiano in Libia.

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