Quei due ragazzini morti in un dirupo

Fabio e Federico: «Facciamo un'escursione in montagna». Non sono più tornati

Marino Smiderle

I soccorritori hanno sentito delle grida verso mezzanotte. Provenivano da un dirupo nascosto dalla notte in val Daone, ai piedi dell'Adamello in Trentino. Tutti speravano fossero le voci di Fabio Battocchi e Federico Bugna, i due tredicenni che stavano cercando disperatamente dopo la segnalazione da parte del nonno del loro mancato rientro in baita.

«Eravamo quasi certi che fossero le loro voci - ha raccontato il vicesindaco di Valdaone, Severino Nicolini -. Purtroppo poi ci siamo resi conto che erano le grida del papà di Fabio. Gli si era scaricato il cellulare e cercava di attirare l'attenzione dei soccorritori: aveva appena trovato i corpi senza vita di suo figlio e dell'amico del cuore».

Fabrizio Battocchi fa il vigile del fuoco e ieri sera, appena ha saputo che il figlio non era rientrato per cena nella baita del nonno materno, a Staboletto, dove stava trascorrendo un periodo di vacanza con l'amico Federico, si è unito alla cinquantina di soccorritori, tra uomini del soccorso alpino, guardia di finanza e altri vigili del fuoco volontari. Con loro anche il sindaco di Valdaone, Ketty Pellizzari, parenti e amici di famiglia.

I due ragazzini erano usciti per scattare delle fotografie e conoscevano la zona come le proprie tasche. Certo, la montagna nasconde sempre insidie ma loro erano sempre stati prudenti e, nonostante la giovane età, sapevano come muoversi e avevano la piena fiducia di genitori e nonni.

Stavolta qualcosa è andato storto. Nel cuore della notte, con le fotoelettriche che illuminavano a giorno sentieri e strapiombi, il papà di Fabio ha avuto una tragica premonizione, muovendosi tra sentieri che anch'egli conosceva bene. Forse ha pensato alle zone più battute dai ragazzi, alle loro preferenze, passioni, chi lo sa. Quello che è certo è che, a un certo punto, ha lasciato il gruppo ed è salito da solo in un punto particolarmente impervio, in località Limes, a 1700 metri.

Sapeva che lì sopra c'era uno strapiombo roccioso e, mentre s'incamminava verso quel punto pregava per vedere smentita la sua premonizione. Pregava che suo figlio e l'amico non fossero andati su quello strapiombo a scattare foto. Quando la luce della sua torcia ha illuminato i corpi dei due ragazzi si è reso subito conto che la sua preghiera non era stata esaudita.

Fabio e Federico erano scivolati dal pendio e avevano fatto un salto di 20-30 metri, tra le rocce. Non c'era possibilità di salvezza, come dimostrano le profonde ferite alla testa riportate. Chissà se sono scivolati entrambi o se invece uno sia caduto nel tentativo di salvare l'altro. I carabinieri dicono che non sarà possibile chiarire questo dubbio.

Con la morte nel cuore, il papà vigile del fuoco ha cercato di attirare l'attenzione dei soccorritori.

«Sono qui, sono qui», ha gridato.

Per un attimo tutti hanno pensato alla bella notizia, hanno pensato di riportarli a casa e di rivederli presto in campo nella squadra di calcio della Pieve di Bono. Invece non li rivedranno più. Una scivolata sull'erba, forse, li ha traditi. Li saluteranno tutti insieme domani nella chiesa di Daone. Con la montagna sullo sfondo.

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