
Nel 1996 Denny Mendez è stata eletta Miss Italia. Nata a Santo Domingo nel 1978, con i sui suoi ricci increspati e la sua carnagione da cartone d'imballaggio suscitò tutte le perplessità possibili. "Rispetta davvero i canoni della bellezza italiana?" era stata la contestazione più difficile da respingere. Allora si scatenò un dibattito, più o meno rispettoso, che comunque non servì né a toglierle il titolo conquistato, né a fornire risposte definitive all'annoso quesito. Ma era, appunto, il 1996. Oggi sono passati ventinove anni e nel frattempo Vittoria Maculan ha vinto Miss Trieste. È "scuretta", cioè mulatta, proprio come la Mendez, ha sedici anni, una mamma italiana (di Verona) e un papà senegalese. E di nuovo la domanda che serpeggia risentita è sempre la stessa: "Vittoria rappresenta o meno la triestinità?".
Identico dubbio innescato, pochissimo tempo fa, da Estefani Yan che ha trionfato al Miss Grand Prix di Carpi: color ebano, tonicissimi muscoli, sinuosa, irrimediabilmente riccia è un'ex atleta nazionale militare della Repubblica dominicana in salto in alto e triplo e, ovviamente, non esibisce esattamente lineamenti carpigiani. Innegabile. Ma sono appunto trascorsi ormai trent'anni da quel primo "sconcerto etnico", le ragazze ambrate continuano a nascere in Italia, ad avere genitori italiani e nazionalità italiana e sono sempre più numerose. Partecipano a concorsi nei quali emergono e che alla fine vincono persino e perciò ci domandiamo: la stessa identica domanda di trent'anni fa, ha ancora senso? Forse potremmo almeno spostare il quesito, visto che nel 2025 gli italiani hanno ormai tutte le fisionomie possibili e chiederci se davvero siano le più carine o le più meritevoli delle varie competizioni in questione o se, al contrario, la loro vittoria non venga decretata a tavolino in nome del solito, stufosissimo, falsissimo politicamente corretto.
Ma il tema, dopo tutto questo tempo, ci sembra possa ormai essere un altro, ci pare meriti la dignità di un'evoluzione, se non altro per rispetto nei confronti delle obiezioni che ci affollano la mente e che risputiamo nel mondo in termini di polemica eterna. O davvero ci sentiamo sereni all'idea di rimanere perennemente fermi al "ma siamo sicuri che incarnino i canoni della bellezza italiana, triestina, carpigiana?...".
I "canoni" italiani, come quelli di qualunque altro Paese, non esistono più.
E dopo (almeno) tre decenni di commistioni, inclusioni, globalizzazioni, dovremmo tutti accettare l'evidenza. Può piacere a qualcuno e irritare altri ma è un incontrovertibile dato di fatto. E anche ai detrattori, "soprattutto" ai detrattori, tocca tenersi al passo. Quanto meno per garantire affondi efficaci.