Arrangiato con impercettibili variazioni sul tema, il refrain collettivo suona più o meno così: «Syriza si scordi un taglio del debito». Ma basta scavare appena sotto la superficie per capire che nessuno vuole fare davvero la faccia feroce con Alexis Tsipras. All'annunciato trionfatore delle elezioni greche, all'uomo che vuole minare le fondamenta dell'austerity e dare un calcio al rigore, i ministri dell'Economia e delle Finanze riuniti sotto la bandiera dell'Eurogruppo hanno già prospettato ieri la possibilità di un allungamento dei tempi per restituire i 320 miliardi di euro che costituiscono la montagna del debito ellenico. Così come è probabile la concessione di una proroga di sei mesi degli aiuti finanziari, in modo da permettere ad Atene di rimborsare senza affanni i 10 miliardi di titoli che andranno in scadenza entro l'estate.
È una linea semi-morbida che potrebbe però mostrare subito la corda se il novello premier dovesse irrigidirsi sulla richiesta di un haircut del 75% del debito (lo stesso sconto concesso alla Germania per ripagare i danni di guerra) e rifiutare ogni dialogo con la troika Ue-Bce-Fmi. Alla luce dell'alleanza stretta con la formazione di destra Anel, un'ipotesi non esclusa da alcuni analisti. I mercati, al contrario, sono convinti che il giovane ingegnere col vizietto della politica ammorbidirà le proprie richieste non avendo ottenuto i numeri sufficienti per governare da solo. L'alone di incertezza che, ovviamente, circonda l'esito di negoziati ancora sullo linea dello starter non ha intanto affatto condizionato le Borse. Nessun crollo, ieri. Anzi: Atene ha limitato le perdite a un -3,20% dopo aver guadagnato, venerdì scorso, il 6%; Milano ha portato a casa un rialzo dell'1,15, Francoforte dell'1,4%, Madrid dell'1% e Parigi dello 0,74%. In calo a 114 punti lo spread Btp-Bund, dopo un picco a quota 122 a inizio giornata, mentre l'euro è risalito a 1,1261 dollari. Cifre che indicano quanto gli investitori avessero già ampiamente metabolizzato la vittoria della sinistra radicale. Non solo: agli occhi dei mercati la situazione attuale è profondamente diversa rispetto a quella vissuta durante la fase acuta, caotica e drammatica della crisi del debito. Il quantitative easing da 60 miliardi al mese e lo scudo anti-spread (l'Omt) sdoganato dalla Corte di giustizia Ue, sono considerati una rete di protezione sufficiente a difesa dell'eurozona. Il presidente della Bce, Mario Draghi, continua comunque a battere su un tasto toccato più volte: lo ha fatto anche ieri all'Eurogruppo, quando ha ricordato che senza riforme il Qe sarà come una pistola scarica, perché «non avrà un impatto duraturo».
È l'ennesimo monito rivolto ai governi. L'altra tirata di orecchie Draghi l'ha riservata proprio a Syriza, che lamentava un'eccessiva pressione fiscale: essendo al 34,2%, è ben al di sotto «della media sia della zona euro sia dell'Ue a 28». Quanto a un condono sul debito, l'Eurotower non ne vuole sentir parlare, ma secondo il membro del board, Benoit Coeuré, «ciò non esclude un riscadenzamento». È la stessa posizione su cui si attesta uno dei falchi dell'eurozona, il premier finlandese, Alexander Stubb, chiaro segnale che un'apertura in tal senso è condivisa anche dall'ala dura ed è avallata dal presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem.
Anche se resta da verificare la posizione del Fondo monetario internazionale, l'esposizione massima dei creditori pubblici (Italia compresa, con 40 miliardi) verso il debito ellenico dovrebbe facilitare un consenso condiviso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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