La Raggi assenteista in agosto adesso cavalca gli sgomberi

La sindaca si sveglia in ritardo sulle occupazioni e fa la legalitaria. Per molto meno i grillini attaccavano Marino

La Raggi assenteista in agosto adesso cavalca gli sgomberi

Colpa della Regione, colpa della Prefettura, colpa del governo. Dopo aver brillato per assenza e per un silenzio incredibilmente lungo, considerando il clamore del pasticciaccio brutto di via Curtatone, Virginia Raggi sciorina in un colpo solo uno dei più lunghi e articolati scaricabarile che si ricordino. Prima di questa lunga nota affidata, al solito, a Facebook, senza contraddittorio, Virginia pareva sparita, come se la faccenda non la riguardasse. Manco un «like» sul post di Luigi Di Maio che la difendeva, dicendo che deve «occuparsi dei romani». E non sono romani gli abitanti di piazza Indipendenza e dintorni che da cinque giorni vivevano in mezzo a un accampamento con 500 rifugiati sbattuti in mezzo alla strada? Non è Roma che a causa dello sgombero sui giornali di mezzo è stata ritratta come emula di Caracas?

Evidentemente Virginia Raggi pensa di no. Le sue critiche al «sistema di accoglienza che non integra» sono anche giuste. Ma come spiegare che in piazza, durante lo sgombero non c'era nessun un assessore. La sindaca, come ama farsi chiamare, era ad Amatrice, alla cerimonia per il terremoto. Ma c'è di peggio: perché lo sgombero della piazza è arrivato cinque giorni dopo lo sgombero del palazzo occupato dal 2013. Si sapeva che era una patata bollente da gestire, una situazione di illegalità inaccettabile in qualunque altro posto del mondo.

La Prefettura aveva avvisato per tempo il Comune che sarebbe scattato lo sgombero del palazzo. Era prevedibile che ci sarebbe stato il caos, ma la sindaca era altrove, in vacanza «in località segreta» da dieci giorni. Località puntualmente svelata dai cacciatori di gossip, pronti (sulla rivista Spy) a raccontare la romantica riconciliazione di Virginia col marito Andrea Severini e la vacanza, sobria naturalmente, «non a 5 stelle», si sottolinea, allusivi puntini di sospensione inclusi. E pensare che per la sua assenza da Roma in una circostanza molto meno prevedibile come il caso del volo in elicottero sul funerale del boss del clan Casamonica, il sindaco Ignazio Marino fu crocifisso. E a piantare i chiodi sulla croce in prima linea c'erano proprio gli zelanti grillini all'epoca felicemente collocati nel ben più comodo ruolo di oppositori.

Quel tempo è finito, da un anno in qua è tempo per l'M5s di prendere le decisioni e come si è visto, almeno fin qui nell'esperienza romana, la caratteristica principale è l'assenza di visione, l'incapacità di prendere decisioni che non siano la defenestrazione di un capo di gabinetto o di un assessore. Marino combinò altrettante gaffe, ma certamente non lasciò che a parlare per lui fossero altri, quando Roma perdeva la faccia, inciampando nelle gaffe stralunate da sindaco marziano. Virginia invece svicola, non si fa trovare dai giornalisti ma, a quanto pare, nemmeno da interlocutori importanti come la Chiesa e il governo, che certamente non è ansioso di dare una mano alla giunta grillina più in vista. Bussi al citofono del Campidoglio e nessuno risponde. E così per la Regione è facile replicare allo scaricabarile della Raggi: «stanziato 40 milioni di euro per l'emergenza abitativa a Roma lo scorso 31 maggio, ma da quasi tre mesi si attende una risposta dal Comune capitolino».

Silenzi o risposte a scoppio ritardato, sfornate solo dopo il timbro apposto

lontano da Roma, a Milano e Genova, sono ormai un classico pentastellato. Peccato che le emergenze di Roma siano poco virtuali e richiedano risposte immediate, senza aspettare il «parere della Rete» e gli ordini del Capo.

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