Dieci settimane di confronto, prima a distanza ora seduti al tavolo tecnico, ma M5s e Lega hanno ancora molti nodi da sciogliere. In serata Luigi Di Maio e Matteo Salvini s'incontrano per affrontare i punti più politici. Il primo è ottimista, l'altro «realista», perché «i giorni passano». Dopo, il leader grillino assicura: «Sembra tutto bene. Il punto nevralgico è il contratto, ci sono cose da chiarire. Non è un problema di nomi ma di temi». Salvini ribadisce la sua fedeltà al centrodestra, poi: «Minacce, insulti, ricatti non ci spaventano. Siamo al dunque, se non si trova la quadra, si torna a votare. Ma fino all'ultimo ce la metto tutta».
Non sono di poco conto, le incognite: dal premier ai ministri, a punti fondamentali del programma, come patti con l'Ue, immigrazione, legittima difesa, grandi opere. Il leader del Carroccio non è affatto sicuro che finirà bene: «O nasce un governo forte, si raggiunge un'intesa su tutto o quasi, o l'unica soluzione è restituire la parola agli italiani perché diano o agli uni agli altri la maggioranza assoluta».
Siamo ai tempi supplementari della spinosa trattativa, ripresa ieri mattina, sul contratto dell'annunciato «governo del cambiamento». La diffidenza è dichiarata, non si tratta di «alleanza», precisa Luigi Di Maio, per questo stiliamo un contratto. I piani sono due, quello tra i leader, su nomi e identikit del governo giallo-verde e quello tra i dirigenti sul programma. Poi nel week-end ci saranno le consultazioni della base, M5S online, Lega nei gazebo.
Al tavolo tecnico i grillini annunciano che si potrebbe chiudere giovedì, ma tra i leghisti si percepisce irritazione. Salvini, che vuole «mano libera» sui migranti, riconosce che «su alcuni temi le posizioni sono lontane e non si può andare a Bruxelles con idee diverse». A metà pomeriggio il confronto produce un risultato, che i 5S subito divulgano: accordo sul taglio delle «pensioni d'oro». Sembra che sulla tassa di soggiorno da rimodulare ci s'intenda e per Di Maio anche su reddito cittadinanza e una «flat tax equa». Peccato che l'economista 5S Lorenzo Fioramonti spieghi intanto che la tassa piatta non è lo strumento giusto e Centinaio ribadisca: «Non rinunciamo alla flat tax».
A Montecitorio, però, il leader 5S vede positivo: «Il tavolo procede molto bene. Se riusciamo sarà una bomba». La verità sulla preoccupazione nel Movimento la rivela uno dei suoi fedelissimi: «Si lavora a pancia bassa, ma è possibile che salti il banco». L'accordo che sembrava ad un passo, pare sfuggire, si riparla di elezioni, di governo del presidente, anche di incarico al centrodestra.
Il presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani(Fi) dice al CorSera che forse Salvini «si sta rendendo conto che aveva ragione Berlusconi quando diceva che sarebbe stato difficile fare un governo con il M5S». Se il tentativo fallirà, bisognerà andare a votare subito. Per lui, un governo di centrodestra resta la «strada maestra», cercando voti in parlamento su 5-6 cose. «La sintesi tra Lega e M5s sembra ancora lontana», dice Deborah Bergamini di Fi.Le sgrammaticature al Quirinale, i ripensamenti, i passi falsi di questi giorni pesano.
Un post di Osho descrive i due leader come scolaretti che l'hanno fatta grossa: «#DiMaioSalvini, Mattarella convoca i genitori». Alle 18 Centinaio esce dalla riunione e annuncia che ci si rivedrà oggi alle 10. «Ci siamo, le parti si continuano a parlare. Buone possibilità». Sarà, ma dopo tanti falsi annunci, sono legittimi i dubbi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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