La reggia di Stato di Renzi: "Vengo qui ad abbronzarmi"

Il racconto di Verdelli, ex direttore Rai: "Quel pranzo al Casino del Bel Respiro, tenuta in uso al governo"

Matteo Renzi alla Feltrinelli di Palermo
Matteo Renzi alla Feltrinelli di Palermo

Il primo incontro con Monica Maggioni, all'epoca presidente Rai. «Con lo sguardo dritto come in un giuramento, solenne annuncia: questa azienda è uno schifo, io la conosco bene. Ma adesso la scaravoltiamo. Cambiamo tutto. Capito?». Cambiare tutto, i gattopardi Rai. In uno degli ultimi cda, invece, con le quotazioni dei nuovi arrivati in ribasso, la Maggioni ricompare in versione maestra severa delle elementari. Carlo Verdelli, oggi direttore di Repubblica, all'epoca (ancora per poco) direttore Rai, dopo due ore di consiglio di amministrazione si alza per andare in bagno. Potrebbe sembrare un suo diritto, invece la Maggioni si infuria: «Scusa Verdelli, ma che fai, esci così? Prima si deve avere il via libera da chi presiede, o no? E cazzo, il rispetto. Vai, vai...». Commento di Verdelli: «Solo alle elementari quando una suora mi mandò dietro la lavagna, provai una vergogna uguale». In mezzo ai due episodi, i circa 13 mesi di Verdelli in Rai come «Direttore editoriale per l'Offerta Informativa», ruolo mai esistito prima e subito considerato ostile dalle tribù armate di Viale Mazzini, gelosissime delle proprie rendite di posizione specie se inutili. «La Rai mi ha espulso, come un corpo estraneo» racconta Verdelli in Roma non perdona. Non lo dice apertamente, ma è chiaro che considera la Maggioni come la capofila della cordata che gli ha fatto la pelle in Rai, portandolo alle dimissioni.

L'altro imputato, oltre al sindacato Usigrai, nemico di tutte le riforme che possano minimamente ridimensionare il carrozzone Rai (una pletora di sedi ed edizioni di tg per giustificare l'esercito di 1729 giornalisti, tanto c'è il canone in bolletta), è il Pd renziano. A cominciare dal «signor Renzi» che, partito anche lui con lo slogan «cambiamo tutto», alla fine «deve essersi convinto», come da lunga tradizione, che «la Rai è la torta nuziale di chi va al governo, una mucca che può soddisfare legioni di vassalli, valvassori e valvassini».

Memorabile anche l'incontro di Verdelli con l'allora premier e, in quel momento, padrone assoluto del Paese. Renzi convoca lui e il dg Campo Dall'Orto, leopoldino della prima ora, al Casino del Bel Respiro, villa seicentesca in uso alla presidenza del Consiglio come «sede di rappresentanza durante le visite di capi di Stato e di governo». Ecco, si scopre invece che Renzi la usava per abbronzarsi e per offrire pranzi di classe con menù stampati ad hoc per stupire gli ospiti, il conto pagato dallo Stato. «Quando c'è questo bel sole, mi faccio portare una sdraio e sto lì un'oretta, tutto ignudo, solo con gli slip» gli racconta «Re Sole» Renzi. Che poi a tavola nel salone affrescato, a nove mesi dal referendum che lo affosserà, si pavoneggia: «Alle prossime Politiche prendo il 40% e allora sì che si vola». Le cose andranno invece in modo molto diverso per Renzi, e il declino verrà pagato anche dalla dirigenza Rai legata alla sua stagione. «La vostra Rai mi pare un po' lenta per i gusti di Renzi» confesserà a Verdelli il piddino Giacomelli, sottosegretario con delega sulla Rai. Gli racconta pure che Renzi, in calo di popolarità, vuole recuperare consensi abbassando il canone Rai da 100 a 90 euro. «Prima lo annunciamo meglio è. Alla gente 'sto canone sta un po' sui coglioni, o sbaglio?» dice Renzi al sottosegretario.

La Rai, tra canone e vertici nel mirino, diventa un impiccio per il governo. La dirigenza non ha più la sponda del Pd, che anzi ormai lavora per farla fuori. Il cda, Maggioni in testa, boicotta il piano editoriale di Verdelli, con l'obiettivo di farlo tornare a casa. Dell'Orto manda un sms tragico a Verdelli: «Inizio a pensare che la nostra azienda non sia fatta per persone perbene». Dopo qualche ora un altro: «Temo siano troppi e troppo organizzati. Saremo sempre più vulnerabili a lupi e sciacalli». La fine è inevitabile, con le dimissioni di Verdelli a cui l'azienda aggiunge, nel comunicato, l'aggettivo «irrevocabili». E le battute finali di Renzi: «Dall'Orto? È stato un mio errore. Gli avevo dato carta bianca per cambiare la Rai, è riuscito solo a lanciare Cartabianca con la Berlinguer».

Morale del milanese Verdelli: «La Rai ha vinto. Roma ha vinto. La Rai non è proprietà degli italiani. La Rai è proprietà di Roma. Tutto e tutti sopporta Roma tranne chi pretende di non adeguarsi alla romanità. E su questo non perdona».

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