Sono passati meno di tre anni da quando Matteo Renzi, sindaco di Firenze, aveva descritto Sergio Marchionne come un modello di sviluppo dell'economia da non seguire. La risposta dell'ad dell'allora Fiat: «Renzi è la brutta di copia di Obama, ma pensa di essere Obama». Ma una volta che Renzi è riuscito a conquistare Palazzo Chigi, tra l'ex sindaco e il top manager è tutta un'effusione. Di ieri l'ultima, in ordine di tempo, dimostrazione d'affetto durante la visita del premier all'impianto Fca di Melfi, il più importante del gruppo in Italia, dove lavorano 8mila persone e vengono prodotti i due Suv compatti, Jeep Renegade e Fiat 500X. E proprio su una Renegade, con al volante Marchionne, e seduto dietro il presidente di Fca, John Elkann, il premier si è presentato puntuale per il bagno di operai nella fabbrica lucana. Anziché alla riunione di Confindustria: «Non sono portato per certe assemblee, c'è bisogno di fare le cose e non assemblee», ha detto il premier.
Renzi e Marchionne vanno d'accordo per diversi motivi: entrambi hanno due nemici in comune, Susanna Camusso (Cgil) e Maurizio Landini (Fiom); e la pensano allo stesso modo sulla necessità di arrivare a una rappresentanza sindacale unica. Sintonia anche sull'obiettivo di far tornare a crescere l'Italia con nuovi strumenti, togliendo le «croste» al Paese. Marchionne, in proposito, è partito per primo trascinando tre anni fa Fiat fuori da Confindustria («non mi manca - ha commentato ieri - apprezzo il presidente Squinzi come industriale, ma non possiamo basare l'appartenenza a Confindustria sull'amicizia con lui») per avere mano libera e rivoluzionare le relazioni sindacali grazie all'ok dei sindacati metalmeccanici, eccetto Fiom, del contratto aziendale negli impianti del gruppo. E non è un caso che Renzi dica: «Per difendere il lavoro non si va ai talk show del martedì sera ma si creano le fabbriche».
Per Melfi, intanto, Marchionne ha annunciato che entro l'anno ci saranno 2mila nuovi posti: 8mila in tutto contro i 5.900 del 2014; circa 15mila con l'indotto. Inoltre, saranno 400mila le vetture che nel 2015 usciranno dalle linee di montaggio, poco sotto il record di 407mila toccato con la Punto nel 1997. Un assist perfetto all'amico Renzi il quale si è subito preso i meriti sullo sviluppo occupazionale della fabbrica: «Per i nuovi assunti - ha commentato - grazie al Jobs Act ci saranno contratti sempre più solidi e stabili».
Alla felicità di Renzi per il lavoro creato a Melfi è seguito l'apprezzamento di Marchionne per quanto prodotto dal governo in tema di riforme: «È la ricetta giusta per uscire dalla crisi. Stiamo sbloccando un sistema ingessato da anni. Tutti sbagliano, ma l'importante è andare avanti». Stessa lunghezza d'onda a proposito di sindacato unico. «Negli Usa e in Germania le aziende hanno un solo interlocutore. E non mi pare che negli Usa non ci sia democrazia. Chi parla di regimi totalitari sbaglia», ha detto Marchionne. E in serata Renzi ha rilanciato: «La legge sulla rappresentanza sindacale va fatta».
Nel 2012 anche l'allora premier, Mario Monti, fu
celebrato da Elkann e Marchionne come una star a Melfi: «Ha coraggio ed è lungimirante. L'uomo giusto o si torna alle caverne», disse Marchionne. Risultato: Monti è sparito, Marchionne è diventato più potente e più «globale».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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