Renzi: «Contro gli attentati niente bombe»

Il premier si tiene sul generico in attesa di sviluppi nella capitale libica

Fabrizio de FeoRoma «Se l'unica risposta agli attentati fosse quella di bombardare in Siria o in altri luoghi non saremo all'altezza della sfida. Bisogna creare una risposta politica». Matteo Renzi dagli Stati Uniti si tiene lontano dallo spinoso dibattito sul ruolo italiano nella possibile missione internazionale in Libia e prende tempo, in attesa di verificare se davvero si passerà a una fase due, quella della richiesta di un sostegno all'Onu.In Libia il premier per la guida del governo di riconciliazione della Libia, Fayez al Serraj, insieme ai membri del suo governo, è arrivato a Tripoli via mare, a bordo di forze navali libiche. La situazione, a Tripoli e dintorni, viene però definita «tutt'altro che tranquilla». Gli scontri tra fazioni fanno pensare «che per un intervento militare italiano sul suolo libico nel quadro di una coalizione internazionale i tempi non siano ancora maturi», spiegano fonti governative all'AdnKronos. Non si tratterà, almeno in una prima fase, di una missione boots on the ground, ovvero con il coinvolgimento di truppe di terra. Più probabile l'ipotesi di un impiego a breve termine di velivoli italiani nel quadro di missioni aeree multinazionali per il contrasto all'espansione dell'Isis in Nord Africa e per il consolidamento delle istituzioni libiche.Il Comando aereo dovrebbe essere di stanza a Trapani almeno per la prima parte delle operazioni, non esclusa successivamente anche una base in territorio libico. Le missioni aeree potrebbero essere assicurate dai Tornado o dagli Amx schierati nei mesi scorsi in Sicilia per compiti di sorveglianza dell'area. Nel caso in cui un governo riconosciuto dovesse richiedere l'intervento internazionale per la stabilizzazione della Libia, si potrebbe ipotizzare l'invio di un contingente militare di terra (si parla di 4-5mila militari, con il possibile coinvolgimento di paracadutisti della Folgore, fucilieri di Marina del San Marco, forze speciali come gli incursori del Comsubin e il nono reggimento d'assalto Col Moschin). Una componente navale potrà eventualmente attingere dalle unità della Marina già impegnate nelle operazioni «Eunavformed» e «Mare Sicuro» nel Canale di Sicilia. Così come non è escluso l'impiego della portaerei Cavour, l'ammiraglia della flotta italiana. Per il momento Serraj e il ministro Paolo Gentiloni hanno concordato l'invio da parte della Cooperazione italiana di aiuti di urgenza alimentari (860 tonnellate) e medici (in grado di garantire la cura di 30mila pazienti). Sullo sfondo Paolo Scaroni, ex ad di Eni ed Enel e profondo conoscitore del terreno libico, definisce la Libia «la prima emergenza nazionale», invita a prendere l'iniziativa e consiglia l'Italia di puntare tutto sulla Tripolitania. «Avere uno Stato fallito a 80 chilometri dalle nostre coste è un rischio enorme.

In primo luogo per l'immigrazione di carattere economico, incontrollata e incontrollabile, che a differenza del passato rischia di bloccarsi da noi, con l'Italia trasformata in una grande Calais. Già nelle prossime settimane potremmo vedere arrivare due-tremila disperati al giorno».

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