Renzi prova a copiare Berlusconi «Faremo il ponte sullo Stretto»

RomaL'originale è sempre meglio della copia. Ma il vecchio detto sembra non preoccupare il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che all'ultimo libro di Bruno Vespa Donne d'Italia ha affidato una confidenza più che un progetto: realizzare il fatidico Ponte sullo Stretto, la vera ambizione del Cavaliere. «Certo che si farà, il problema è quando», ha dichiarato il premier sottolineando che «ora, prima di discutere del Ponte, sistemiamo l'acqua di Messina, i depuratori e le bonifiche».

È un obiettivo di medio-lungo periodo. «Nei prossimi cinque anni investiremo due miliardi in Sicilia per le strade e le ferrovie. E poi faremo anche il Ponte portando l'alta velocità finalmente anche in Sicilia e investendo su Reggio Calabria», ha precisato lasciando chiaramente intendere che la sua volontà è quella di eternarsi con «un altro bellissimo simbolo dell'Italia». Forse non è un caso che lunedì Renzi incontri Pietro Salini a Riad, in Arabia Saudita. Ufficialmente si tratta di una visita di Stato con annesso sopralluogo ai cantieri della metropolitana realizzati da Salini Impregilo, che è il general contractor del Ponte. E proprio Pietro Salini, ad dell'omonima azienda, ha più volte ribadito di non voler incassare la ricca penale cui ha diritto dopo lo stop, ma di voler realizzare l'opera.

Le visite all'estero per la promozione del sistema-Italia sono un altro tratto che accomuna Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, che più volte si autodefinì «ambasciatore delle imprese italiane». Ma le somiglianze non finiscono qui. Basti pensare all'ultima legge di Stabilità che elimina la Tasi sulla prima casa, la stessa mossa che consentì al Cavaliere di vincere le elezioni del 2008 e di pareggiarle nel 2013. Certo, Renzi l'ha sempre spacciata come una mossa per dare fiducia agli italiani, mentre per il leader azzurro la casa costituisce un valore sacro e intoccabile. La sostanza è sempre la stessa.

Il ddl Stabilità, inoltre, si incardina in un percorso triennale di riduzione generalizzata delle tasse: nel 2017 sarà la volta dell'Ires, mentre nel 2018 si ritoccheranno all'ingiù le aliquote dell'Irpef. In pratica, la stessa manovra che Berlusconi mise in campo tra il 2001 e il 2006. E proprio a quell'epoca appartiene un'altra «invenzione» renziana: il bonus-bebè. Il Cav concesse un assegno di mille euro per ogni figlio nato o adottato nel 2005 e per ogni secondo o ulteriore figlio nel 2006. L'ex sindaco di Firenze ha varato un sussidio di 80 euro al mese per le famiglie che avranno un bambino tra il 2015 e il 2018. Ultimo ma non meno importante è l'aumento a 3mila euro della soglia di utilizzo del contante previsto dall'ultima manovra. Anche Berlusconi fece lo stesso: nel 2002, con l'introduzione dell'euro, innalzò il tetto da 20 milioni di vecchie lire a 12.500 euro, soglia che fu ripristinata dopo che il governo Prodi-Visco l'aveva abbassata a 5mila euro.

Renzi è riuscito pure laddove il Cav dovette fermarsi: l'abolizione dell'articolo 18. Il fulcro della delega sulla riforma del lavoro, che porta il nome di Marco Biagi, fu stralciato in seguito alla durissima opposizione della Cgil di Sergio Cofferati che rese impossibile la vita a governo e Confindustria. Il Jobs Act, attraverso il contratto a tutele crescenti, l'ha di fatto introdotto ma limitatamente ai primi tre anni dall'assunzione. C'è uno scoglio che finora nessuno ha superato: licenziare i fannulloni della Pa. La riforma Brunetta del 2009 lo prevedeva e anche il ddl Madia intende adeguarvisi. Ora tocca a Renzi, sganciarsi dallo zoccolo elettorale del Pd.

Il Consiglio dei ministri ha varato ieri il decreto salva-Regioni dando un'importante boccata d'ossigeno per gli enti con i conti in rosso.

«Abbiamo varato un decreto legge - spiega il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio de Vincenti - che contiene alcune norme per le Regioni e in particolare una norma che consente di chiarire sul piano della contabilità un tema sollevato nei confronti di alcune Regioni del tutto sanabile attraverso una precisazione delle norme di contabilità». Le Regioni potranno quindi contabilizzare nel bilancio i debiti pregressi riuscendo così a far tornare i conti.

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