Renzi strizza l'occhio agli elettori di destra E mezzo Pd s'infuria

Il premier punta ai voti dei moderati per far vincere il Sì. Bersani: «Irresponsabile»

Quante volte s'è detto che Matteo Renzi ha un bel modo di (s)ragionare? Nel referendum che ha deciso - Lui non altri - di rendere giudizio di Dio (errore clamoroso, ricordava ieri Bersani) s'è messo in testa di dover vincere a tutti i costi. Ma non gli basta mai: vuole pure l'«aiutino». Da casa e dal pubblico, dall'amichetto ambasciatore ma pure dal nemico. Vuole il trucchetto furbo della scheda referendaria e pure l'elargizione di massa (elemosina che dir si voglia) nella legge di Stabilità.

Da tale pervicace volontà, che taluni chiamano «faccia di bronzo», derivano perciò: i mille bonus e benefici promessi a qualsiasi categoria respiri; la Boschi inviata a raccattar i voti degli italiani in America latina («portando in giro le sue grazie, pensa che siano tutti allocchi?», si chiedeva ieri il senatore Raggi, che allocco non è). Ancora: la manfrina del ponte sullo Stretto tirata fuori dalle soffitte di Palazzo Chigi, polverosa com'era, al punto che persino boss mafiosi e 'ndranghetari hanno capito che si trattava di una bufala del «Sì». Da ultimo, complice un'intervista al Foglio, Renzi ha scoperto la destra. Sì, proprio la vituperata destra con cui non si può governare nè fare le riforme. Meglio: ha capito che senza i voti di Berlusconi non si vince. Lungo il preambolo di bonifica del terreno, assai paludoso: lui «non ha personalizzato il referendum», bensì gli altri; Berlusconi «sta perdendo un'occasione, stare dalla parte che prova a cambiare le cose» (la nostra, cioè la sua); l'opposizione si prefigge un «obiettivo nobile», cioè farlo cadere, però «provate pure a buttarmi giù quando ci saranno le Politiche, non oggi». A questo punto non servirebbe che ringraziarlo per la gentile concessione; Matteo poi ci comunicherà di certo quando e come si sentirà comodo per ricevere una brioche e la ghigliottina (ricordiamo sommessamente che il «perfido» D'Alema se ne andò, con classe, dopo aver perso le Regionali, che proprio «giudizio di Dio» non furono e non sono mai state).

«Inutile girarci intorno - ha sbottato l'irruento Vincitore Per Sempre - i voti di destra saranno decisivi, la sinistra è già in larghissima parte con noi». La questione, spiega, è nelle mani dell'elettore di destra, «se vota nel merito o no».

(S)ragionamento in libertà che fa infuriare l'intero schieramento. La destra per l'impudenza, i commilitoni dem per l'indecenza. S'indigna persino il pacatissimo Cuperlo: «Non è bello che lo dica proprio il segretario del Pd». E ricorda, maligno, che «se Renzi perde, l'esito non andrà drammatizzato perché l'Italia ha tutte le risorse, le capacità e le energie per affrontare qualunque situazione». Fortemente turbato si dichiara Speranza, che segnala quanti pidini sono per il «no» e paventa un'iscrizione d'ufficio dell'intero partito, il giorno dopo, a quello della Nazione, con un «Pd svuotato di idee ed elettori». «È disperato, se si appella all'elettorato di destra», mette il dito nella piaga la De Petris, capogruppo della Sinistra. Così che si torna alla questione-cardine, che agita non a caso il ministro Alfano: c'è o non c'è alternativa al governo Renzi? Alfano pensa di no. Tanti, a cominciare da Bersani, l'esatto contrario.

L'ex leader non riesce a farsene una ragione, il nuovo Leader non riesce proprio a sentire quel che ribolle e si comporta da «irresponsabile: così finiamo nel burrone. Con la vittoria del No, salta l'Italicum, si fa un nuovo governo e si salva pure la democrazia», sostiene Bersani. Non volando così alto, noi non c'eravamo neppure permessi di pensarlo.

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