La resistenza africana di Matteo: diversivo per sviare dai suoi flop

L'ennesimo attacco a Bruxelles del premier svela la verità: il summit con la Merkel è stato un fallimento

La resistenza africana di Matteo: diversivo per sviare dai suoi flop

Roma - Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, è davvero divertente osservare le contorsioni del premier Matteo Renzi e lo sgonfiarsi delle bolle mediatiche che dissemina lungo una marcia ormai assai poco trionfale. L'ultimo caso, quello della «guerra» alla Ue, si compone di molti e (mediaticamente) sofisticati elementi. Finito a birra e salsicce l'incontro con Angela Merkel, si scopre ancora una volta che la birra era sgasata e la salsiccia un rancido wurstel.

L'ultima versione del Capo è che si sia trattato comunque di «un incontro utile: insieme abbiamo ribadito che il più grande pericolo per l'Europa sono il populismo e demagogia...». Ammazza, che forza. E che unità d'intenti. Fenomenale. Considerato pure che, nel frattempo, la Ue a trazione tedesca ci preparava il «piattino» di cui l'inquilino dev'essere consapevole già da qualche tempo; a occhio e croce, da quando ha cominciato ad alzare i toni per buttare tutto in caciara e sfruttare (almeno) elettoralmente lo scarso credito ormai riscosso nelle capitali dell'Europa che conta sul serio. Diventa così ancora più interessante l'arrampicata sugli specchi di Renzi, costretto ieri (giornata in cui si è appreso che la Procura di Genova indaga sulle denunce contro Renzi per la casa di Marco Carrai e i rapporti del premier col generale della Finanza Michele Adinolfi archiviate dai giudici toscani: il dipendente del Comune di Firenze Alessandro Maiorano che le aveva presentate, dopo l'archiviazione, ha inviato un esposto a Genova e i pm hanno aperto un fascicolo per omissione di atti d'ufficio contro ignoti) da un'ulteriore puntata d'azzardo. «I giorni appena passati sono stati caratterizzati - scrive sul suo bollettino denominato e-news - da un'intensa attività anche internazionale, a cominciare dalla storica visita del presidente Rouhani... Ma l'attenzione dei media si è concentrata soprattutto sull'incontro con Angela Merkel. Sintetizzo così: l'Italia per anni aveva un debito morale con le istituzioni europee... perché parlava di riforme che non riusciva a realizzare. Adesso le cose sono cambiate. Le riforme sono leggi e dopo tre anni di recessione è tornato il segno più nei fondamentali economici. Possiamo tornare a fare il nostro mestiere, dunque. E il nostro mestiere è guidare l'Europa, non andare in qualche palazzo di Bruxelles a prendere ordini».

Nuovo punto di frizione, la strategia italiana per fronteggiare i nuovi arrivi di migranti, che il governo sperava potesse poggiare appunto sull'asse con la Germania. Ed ecco che invece la Ue ricorda puntigliosamente come tutto sia già stato deciso a dicembre, mentre nell'incontro con Frau Merkel si son fritti i wurstel (e devono esser volati tanti «nein!» all'indirizzo del Nostro). Grottesca la reazione di Herr Renzi, che ricorda una vecchia parola d'ordine in voga addirittura nel Pci d'un tempo: «Non cadiamo nelle provocazioni...» (manca il «compagni!»). E ancora, ecco il premier bollare di «perversione burocratica» i funzionari di Bruxelles, che vorrebbero, spiega, «considerare le vite da salvare nel Mar Egeo diverse da quelle da salvare nel Mar Tirreno». In fin dei conti, è vero, come ironizza il capogruppo azzurro Brunetta, che si tratta «solo» dell'ennesima figuraccia.

Roba da ridere, se non fosse che ieri Renzi era nelle zone più martoriate della martoriata Africa, dove imperversa il terrorismo e la miseria nera di cui paghiamo i frutti. Prima di fare inutili proclami, che almeno Matteo ci rifletta un po'.

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